Si è soliti distinguere tra un’età cronologica e un’età biologica. L’età cronologica esprime il tempo trascorso dalla nascita e i più la utilizzano per distinguere un soggetto anziano rispetto ad uno giovane. Ma che dire di coloro che anagraficamente hanno 65 anni, ma ne dimostrano solo 45, oppure di coloro che ne hanno anagraficamente 80, ma con un look da sessantenni? Questi esempi inquadrano al meglio l’essenza della cosiddetta età biologica, che pertanto può discostarsi significativamente dall’età anagrafica, nel bene (meno anni) o nel male (più anni).
L’ età cronologica altro non è quindi che la mera età dettata dal calendario. In questo contesto ciascun individuo risulta classificato secondo la sua data di nascita. L’ età biologica è invece una specie di patrimonio personale tipico di ciascun individuo: ognuno ha la sua propria età biologica, inquadrabile come l’età che una persona esprime in rapporto alla qualità biologica dei suoi tessuti, organi e apparati, comparati a valori standard (“normali”) di riferimento. E’ un concetto di età “dinamico”, espressione di processi di maturazione biologica e di influenze ambientali esterne su fondamenta geneticamente determinate.
L’età biologica può essere bene inquadrata attraverso tutta una serie di analisi e di accertamenti clinici e di laboratorio, nel contesto di quello che è più comunemente noto come “check up anti-aging”.
Ma può realmente essere incrementata l’aspettativa di vita?
Facciamo alcune considerazioni preliminari. Nel 1900 le principali cause di morte (tubercolosi, polmonite, enterite) riflettevano l’insufficienza della sanità e del controllo delle malattie infettive; l’aspettativa di vita in quegli anni era pari a 47,3 anni! Nel 1997 il modificarsi delle principali cause di morte (cancro e malattie cardiovascolari) ha portato l’aspettativa di vita a 79 anni per il sesso femminile e a 74 anni per quello maschile. Prospettare ad un soggetto che viveva nel primo Novecento la possibilità di vedere raddoppiata la propria aspettativa di vita, avrebbe fatto definire “folle” l’interlocutore… E invece è stato così!
Il Department of Health and Human Services degli Stati Uniti stima l’aspettativa di vita individuale nel 2050 pari a 84,3 anni per le donne e a 79,7 per gli uomini ["Healthy People 2010", U.S. Department of Health and Human Services. Washington DC: January 2000].
Le principali associazioni internazionali di medicina anti-aging credono fermamente che altri 10 anni possano essere aggiunti all’aspettativa di vita soggettiva, grazie alle continue scoperte e applicazioni biotecnologiche, nonché all’applicazione costante di metodologie preventive riguardanti il proprio stile di vita. Questa impostazione è supportata dal Global Business Network (GBN), un’organizzazione mondiale incentrata sugli studi e le valutazioni riguardanti il futuro, che ha avuto modo di sottolineare, ad opera del loro Chairman Peter Schwartz, come “scienza e medicina non solo riusciranno a prolungare la vita individuale a… 120 anni, ma i progressi nel contesto delle scienze biologiche consentiranno di superare quella soglia. Se si guarda alle correnti ricerche sulle cellule staminali e a fenomeni del genere delle telomerasi… non si può non sottolineare come si stiano acquisendo informazioni sempre più dettagliate sui meccanismi che controllano l’invecchiamento. (…) Guardando alla Storia più volte è stato doppiata o quasi l’aspettattiva di vita individuale (ad esempio da 45 a 85 anni), pertanto non c’è ragione per non immaginare come ulteriori significativi progressi possano essere ancor oggi compiuti” ["Wanna Bet?", Wired May 2002, p. 131].
L’aspettativa media di vita nei Paesi del mondo industrializzato sta rapidamente raggiungendo gli 80 anni (85 per la donna nata in Giappone…). Un recente studio pubblicato sul periodico Science ha sottolineato come l’incremento corrente dell’aspettativa di vita dell’essere umano moderno possa farlo pervenire all’età di 99,4 anni, attraverso la semplice riduzione della frequenza delle malattie cardiovascolari, neoplastiche o correlate al diabete.
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