Gli sciamani non vanno mai da soli a fare i loro viaggi nelle dimensioni parallele. Hanno sempre di fianco qualche manifestazione dello spirito: elfi, elementali, ma molto più spesso animali di potere. Secondo lo sciamanesimo ogni essere vivente ha sempre accanto a sé una o più guide che hanno la funzione di proteggere e guidare in momenti difficili (una concezione simile é quella dell’angelo custode della cultura cristiana). La forma che tali creature assumono può variare in base al momento ed alla situazione.
L’animale di potere è un elemento essenziale nelle tradizioni e nelle tecniche sciamaniche: rituali quali la caccia all’anima e la trance dance, per esempio, prevedono come prima esperienza proprio la ricerca e la “danza” dell’animale, che poi rimarrà come guida e riferimento nelle esperienze successive.
Con termini occidentali, in questo caso approssimativi e limitanti, potremmo definirlo come un archetipo di forze naturali, nello stesso modo in cui per esempio nel mondo indiano ed in quello egizio spesso gli dei hanno testa e caratteristiche animali.
Vorrei suggerire infatti a quelli tra di voi che sentissero l’esigenza di accostarsi in prima persona alle esperienze sciamaniche di partire sempre e comunque dall’esperienza diretta, in ogni fase del lavoro, e cercare solo in un secondo momento conferma e confronto in quella di altri, per non correre il rischio di rimanere suggestionati e condizionati nella nostra interpretazione di quanto vissuto. Quando nei seminari di caccia all’anima i partecipanti condividono le loro esperienze non fornisco mai alcuna interpretazione, ma li stimolo e guido a trovarla dentro di sé. La tentazione occidentale di catalogare e schedare ogni esperienza non si adatta alla Terra di Mezzo, in essa valgono altre regole…
Del resto, spesso accade che l’animale che incontriamo rimanga al nostro fianco per un periodo preciso, dopo di ché ci lasci e in seguito ne incontriamo un altro, più adatto alla nostra mutata situazione interiore. Questo è successo di recente anche a me: dopo un lungo periodo di simbiosi con il Condor, che mi era stato a fianco fin dal mio primo contatto con la dimensione sciamanica, da un po’ di tempo ha iniziato a “manifestarsi” in maniera sempre più netta un nuovo animale, il Drago, che alla fine mi ha comunicato che era venuto il momento di un “passaggio di consegne” con l’animale precedente. Ammetto sulle prime di aver fatto una certa resistenza, per una forma di “attaccamento“ ad una dimensione più conosciuta; mi sono poi reso conto, come spesso accade, che l’attaccamento al passato non è che un limite che impedisce di aprirsi a quanto di nuovo la realtà ha in serbo. Gli animali che incontriamo nei nostri viaggi sciamanici parlano, comunicano con noi come nelle fiabe e nei miti sull’Eden o su terre fatate popolate da gnomi ed elfi.
Del resto, quando un autore crea un racconto o una mitologia prende forma, spesso attinge agli immensi serbatoi dell’inconscio collettivo, nel quale sono immagazzinate tra le altre cose tutte le nozioni e gli archetipi sviluppati dall’umanità nel corso della storia, quindi non c’è nulla di strano se ritroviamo coincidenze tra racconti e miti delle varie tradizioni e le dimensioni nelle quali penetriamo con i viaggi sciamanici.
In molte culture dell’antichità é stato un animale a portare all’uomo la conoscenza. Solo per fare qualche esempio, per gli Hopi l’iniziatrice dell’umanità del Quarto Mondo (quello attuale) é stata la Donna Ragno, mentre per gli egizi Thoth, il dio della conoscenza, é rappresentato con la testa di ibis.
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