Proprio per questo i sapori genuini vengono sovente sopraffatti o completamente sostituiti non solo da ingredienti poco costosi, ma anche da aromi, che creano gusti falsati nella bocca e tendono a far perdere ogni traccia della buona e tradizionale cultura gastronomica del nostro Paese.
Riporto come esempio il caso del risotto al tartufo: sfido i lettori, trovandosi davanti ad uno scaffale di risotti di un negozio qualsiasi, a capire quanto tartufo c’è nel prodotto scelto e di quale specie.
E’ possibile che ci i trovi davanti a quantità e qualità estremamente differenti tra un articolo e l’ altro: si va dal 3% di tartufo contenuto, all’ 1%, fino a oltre lo 0,02%. In qualsiasi caso, infatti, il gusto è assicurato da anonimi aromi (artificiali). E non solo! Se si fa un’analisi appena di poco più attenta, si noterà che alcune aziende, trasparentemente, indicano le specie utilizzate, mentre altre in etichetta scrivono semplicemente “tartufo“.
Indice di sospetta generalizzazione, dal momento che il prezzo del tartufo nero pregiato (tuber melanosporum) si aggira intorno ai 1000 euro al kg, mentre quello del tartufo estivo, solo per fare un esempio, (tuber aestivum) è di gran lunga inferiore.
Esistono, inoltre, specie di tartufo estere che, pur avendo prezzi molto più accessibili rispetto a quelle nostrane (ad esempio il tuber indicum cinese che costa anche 30 volte meno), risultano qualitativamente più limitate.
Le leggi attualmente in vigore permettono, quando un ingrediente (come i funghi o lo zafferano) è utilizzato in quantità minime come aromatizzante, di non fornire indicazioni dettagliate su di esso, forse leggi un pò troppo “leggere” nei confronti di grandi produttori alimentari industriali. Quello di cui, invece, avremmo bisogno sono una differenziazione e una maggiore trasparenza nella dicitura dell’etichetta, ovvero renderla più verosimile e coerente con il prodotto che dovrebbe rappresentare. Questo sia nell’ interesse dei consumatori sia per tutelare più adeguatamente dei prodotti particolari e tipici non ancora protetti dalla DOP (Denominazione di Origine Protetta ).
Per evidenziare ulteriormente i limiti delle vigenti legislazioni, basti pensare che fra le salse al tartufo o tartufate, addirittura, alcune contengono del tubero soltanto l’aroma, perlopiù artificiale.
Non ritengo, inoltre, corretto, anche se i produttori interpellati rispondono il contrario, il fatto ce spesso in etichetta la traduzione dell’ ingrediente “aroma di tartufo” sia “truffle“ in inglese, “truffe“ in francese e “truffel“ in tedesco, che significa, appunto, tartufo e non aroma di tartufo (come confermato anche dall’ associazione dei consumatori svizzeri Konsumentenforum).
Immaginate un turista che in Italia acquisti una salsa simile, tratto in inganno dalle traduzioni sbagliate: egli vedrebbe materializzarsi nella confezione un ingrediente che, in realtà, non c’ è !!!
Penso proprio che in questi casi, di “tartufata“ … ci sia solo l’ etichetta.
Conoscere cosa mangi è benessere
|