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OLIO DI PALMA? DIPENDE...
Sebbene non ne siamo davvero consapevoli, utilizziamo l’olio di palma quasi tutti i giorni: per cucinare (margarina, cioccolato, piatti pronti), per curare la pelle (creme, stick per le labbra), per pulire (saponi e detersivi). Forse è il momento di informarsi sulla sua provenienza.
Rachele Malavasi

L’olio di palma, prodotto per l’80% in Malesia e Indonesia, rappresenta uno dei pochi grassi vegetali semi-solidi, necessari ad evitare l’ indurimento industriale per quei prodotti che necessitano una certa consistenza.
Tuttavia, la produzione di olio di palma è una delle maggiori cause del disboscamento delle foreste tropicali dell’Asia sud-occidentale, le più belle ed antiche del pianeta.

Poiché la sua produzione è un pilastro fondamentale dell’economia di Malesia e Indonesia, i loro governi approvano con molta leggerezza misure di deforestazione e terrazzamento nelle foreste tropicali locali, il cui legno nel frattempo viene venduto a poco prezzo in tutto il mondo (ed i vostri mobili, a meno che non scegliate legno di certificazione FSC, avranno la stessa origine).

Ad oggi, circa 4,1 milioni di ettari, una superficie grande quanto la Svizzera, è stata disboscata e destinata alla monocoltura di palma da olio. Oltre a creare gravi danni all’ambiente, quali perdita di habitat, delle specie animali e vegetali, desertificazione e dissestamento del terreno, costringe le popolazioni locali, strettamente legate alla loro terra, ad abbandonare le proprie origini e perdere le tradizioni.
Dal 1990 la produzione di olio di palma è cresciuta del 43% (fonte RSPO – Roundtable on Sustainable Palm Oil), e specie minacciate di estinzione come l’orangutan, la tigre di Sumatra, l’elefante asiatico ed il rinoceronte asiatico se la stanno vedendo brutta.

Tuttavia, non tutto il male viene per nuocere. Le coltivazioni di olio di palma distruggono le foreste tropicali solo se vengono praticate senza misure di controllo, mentre una produzione sostenibile garantisce guadagni ai governi locali ed alla popolazione, quindi un boicottaggio generico sarebbe sbagliato.
Una delle prime compagnie di distribuzione dell’olio di palma che ha adottato criteri eco-compatibili è la Migros, società svizzera leader del settore, che dal 2002, in collaborazione con il WWF, acquista olio di palma solo da compagnie che hanno convertito la produzione industriale in una produzione sostenibile.

I criteri che segue la Migros garantiscono una buona etica produttiva in più settori:

­1)l’olio non può provenire dal diboscamento della foresta vergine;

2 l’erosione del suolo e delle acque durante la produzione deve essere ridotto;

3) possono essere usati prodotti chimici solo per documentata necessità;

4) i lavoratori devono godere di tutti i diritti della categoria.

La Ghana Oil Palm Development Company, nel Ghana (Africa occidentale), è stata una prime poche società a soddisfare tutti i quattro requisiti, riuscendo ad incrementare la produzione senza invadere la foresta e fornendo ai suoi lavoratori assistenza medica ed educazione scolastica gratuiti.
Il progetto pilota della Migros ha scuola, tanto che nel 2002, durante il vertice ONU sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, il “Progetto Palma da Olio” è stato premiato con il World Business Award.
Sulla scia del successo, nel 2004 è stata ufficialmente fondata la RSPO – Roundtable on Sustainable Palm Oil, un’associazione che mette insieme produttori, distributori, popolazioni locali, governi ed associazioni ambientaliste per promuovere la produzione sostenibile dell’olio di palma.

Alla fine, tutto resta comunque nelle mani dei consumatori. In base alle nostre scelte verrà deciso il successo o meno dell’operazione. In breve saranno disponibili prodotti con marchio RSPO, garanzia di una produzione rispettosa dell’ambiente e dei suoi abitanti, ed allora potrà iniziare il boicottaggio intelligente, quello delle compagnie non aderenti. Siamo in attesa…


(21/05/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


Conoscere la terra che abiti è benessere

  
  
 
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