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E’ stato detto mille volte che la nostra società non è più la stessa degli anni ’60, del boom economico, del posto fisso, delle case vere invece di stanze con angolo cottura. Uomini e donne si sposano o si uniscono in coppia sempre più tardi –chi per motivi di studio, chi per il lavoro, chi per motivi sentimentali (non tutti trovano l’amore quando lo cercano)- e i fattori di stress dello stile di vita moderno non aiutano la donna a raggiungere uno stato di serenità adeguata alla gravidanza.

Gli uomini stessi, più o meno per i medesimi motivi, sono sempre più a rischio di impotenza. Fatto sta che con una tecnica di fecondazione che tenesse meno conto dei numeri e più dell’aspetto umano della questione si potrebbero risolvere meglio alcune difficoltà pratiche.

C’è in tutto questo aspetto tecnico un lato che riguarda la coscienza e che ha generato il dibattito –o piuttosto l’assenza di dibattito in favore di posizioni integraliste- di cui in modo confuso si sente parlare.
Si fa di una questione di salute un fatto etico. Si invoca il credo religioso e la salvaguardia dell’embrione. Si vuol sostenere che l’anima di questo piccolo essere vivente –cioè dotato di vita- sia identico alla coscienza della donna che lo porta in grembo, il che farebbe di loro la stessa cosa. Si teorizza, quindi, che la mamma e l’embrione abbiano gli stessi diritti.

Quel che sfugge è che nessuno costringerà mai un cattolico a fare qualcosa contro la propria coscienza, nessuno costringerà una coppia sterile a sottoporsi alla terapia di fecondazione.
Quel che conta ed è in gioco è la possibilità di seguire la propria coscienza e la propria volontà e non quella di altri, che semplicemente la pensano in maniera diversa. La legge, forse, dovrebbe tutelare tutti i cittadini e tutte le convinzioni etiche; dovrebbe non chiudere la strada alla speranza.

Un’ultima nota.
Cos’è un referendum? Che significa “referendum”? Viene dal latino riferire, cioè chiedere in forma di supplica, riportare a qualcuno in modo partecipativo. L’elemento chiave è quindi la partecipazione appassionata della richiesta. Ciò che fa di un uomo il cittadino di uno Stato democratico è la partecipazione alla vita del proprio Paese. La partecipazione è un atto di responsabilità, è una presa di coscienza del pensiero, del proprio modo di vedere le cose.
Partecipare è l’unica “azione” possibile in un contesto istituzionale più ampio in cui, viceversa, quasi tutto si delega. Perché rinunciare?


(20/05/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


Prendersi cura del proprio corpo è benessere

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