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L'ORTO BOTANICO - 100 PAROLE SU - NON SOLO RECENSIONI - GUARIGIONE COME CRESCITA - ANGOLO DELLA PSICOLOGA -DOSSIER-
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Se fosse stato mantenuto, ciò avrebbe dato un respiro epico e sovrannaturale al film, che al contrario appare così com’è, soltanto un gioco di ruolo, senza peraltro l’interattività che un videogame simile ti sa ovviamente dare.

Da Cannes, che questo film giustamente ha inaugurato, si è sentito dire che la pellicola è troppo sinistra. Per chi scrive il film non funziona perché, anzi, è troppo poco sinistro: sarebbe servita in questo caso la regia del Coppola di Dracula (1992) per raccontare una storia così forte; irresponsabilmente affidata, invece, a chi per certi versi ha rifatto il suo film più applaudito, A Beautiful Mind: Tom Hanks quando riflette sembra il genio matto e introverso, interpretato in quel film da Russell Crowe; ...e non è un caso se il personaggio del monaco albino Silas, che già nel libro si definisce un fantasma, qui sia interpretato da un certo Paul Bettany, il quale proprio in A Beautiful Mind interpretava il ruolo di un’allucinazione del matematico protagonista, ossia in altri termini una sorta di fantasma anch’esso, per l’appunto. Senza contare che chi firma la sceneggiatura di questo adattamento è la stessa persona autrice di quella di A Beautiful Mind.

E allora diciamo pure che manca un approfondimento dei personaggi ridotti a semplici pedine del meccanismo intricato assunto dal romanzo; essi sono spogliati del tutto del loro fascino ereticale. Mantenendo la struttura a flashback del romanzo, in cui i ricordi dei protagonisti giungono – guarda un po’! – all’occorrenza per trovare le risposte che servono agli enigmi della caccia al tesoro, si cade nel tentativo goffo di dare spessore drammatico senza crederci più di tanto; senza poi contare che qui nel film questi ricordi spesso sono del tutto gratuiti e addirittura confusi per chi non consoce il libro.

Non c’è neppure alcun vero antagonista che incalzi i nostri eroi, mai veramente li vediamo in pericolo, qualcuno che veramente incuta paura: Silas si vede subito che è un cattivo perdente, di quelli disperati da compatire perché hanno una storia triste alle spalle che li ha costretti ad essere quello che sono.

E questo errore di scrittura narrativa, che nega vero pathos alla storia, Ron Howard lo ha già commesso con il recente Cinderella Man, in cui mai percepiamo un senso di pericolo vero e di sconforto senza soluzione, capace di fagocitare veramente la sorte del protagonista. Quantunque siano interessanti i misteri che questo film eredita dal romanzo, non si possono vivificare due ore e trenta soltanto con rivelazioni e sconcertanti eventualità parastoriche, quando il vero traino del nostro interesse, ossia la coppia di protagonisti non è mai veramente in pericolo, al punto che mai siamo chiamati ad essere in apprensione per loro. E ciò può voler dire una sola cosa: rischio noia.

E’ probabile che il film abbia successo commerciale, ma non piacerà quasi a nessuno perché non ci si affeziona ai personaggi, e nella seconda parte l’eccesso di doppiogiochismi stanca.

Resta una questione che il personaggio di Tom Hanks solleva con estrema naturalezza, senza alcun secondo fine: una questione che andrebbe posta ai massimi esperti e che il buon senso ci induce a pensare non sia poi tanto peregrina. Perché viene vista come un’eresia incompatibile con la natura divina del figlio di Dio il fatto che Gesù Cristo, uomo morto crocifisso e poi risorto, si sia sposato e abbia avuto dei figli? Cosa c’è di tanto terribile in ciò?


IL FILM PER ANDREA BORETTI (VOTO 6)

Accolto con una certa freddezza a Cannes dove è stato presentato in anteprima mondiale, Il codice Da Vinci continua a far discutere. Ma se prima la discussione si limitava al contenuto del romanzo, definito di volta in volta blasfemo, sacrilego, antistorico o solo opera commerciale, ora si è estesa alla fedeltà del film al romanzo e all’adeguatezza degli attori scelti ad interpretare gli ormai famosi Robert Langdon e Sophie Nevau.

Andiamo con ordine: il romanzo e quindi la sceneggiatura del film. Giustamente se ne discute, e sarebbe preoccupante il contrario visto ciò di cui tratta, ovvero la presunta discendenza di Gesù Cristo tramite Maria Maddalena. Quindi, bene la discussione che porta la gente a conoscere, a informarsi e ad approfondire argomenti normalmente conosciuti solo superficialmente, un po’ meno bene la continue affermazioni di storicità provata che Dan Brown lancia ai quattro venti su quanto descritto nel romanzo.




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