PSICOTERAPIA E INTEGRAZIONE DELL'ANIMA
Come e perché è sempre più importante utilizzare differenti modalità di "guarigione" nell’ambito di un approccio psicoterapeutico tradizionale.
di Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt

La passione per l’aspetto “terapeutico” della vita, da qualche anno, ormai, mi porta a percorrere strade a prima vista impervie e poco battute, che, a volte, si rivelano vere e proprie scorciatoie.
Mi riferisco, in particolare, all’uso, nella pratica psicoterapeutica, di uno strumento molto antico, ancora oggi utilizzato da diverse popolazioni, che vivono le tradizioni come parte viva del quotidiano. Si tratta della caccia all’anima o, anche, viaggio sciamanico.

Un parallelismo che mi è rimasto impresso fin dal momento in cui appresi l’uso di questa tecnica è il seguente: la psicoterapia aiuta la persona utilizzando aspetti di sé che da sempre lo accompagnano (mente, consapevolezza e corpo), mentre la caccia all’anima lavora con parti della persona che si sono letteralmente staccate dalla sua totalità, a seguito di traumi psichici, relazionali o fisici.

Quando, all’inizio, usavo questa tecnica solo come esperienza personale, per lavorare sul mio percorso di integrazione e crescita, a volte, venivo presa dal dubbio di essere preda di autosuggestione, o, se vogliamo, del tipico processo psicologico chiamato “effetto Pigmalione” o “profezia che si autoavvera” (le aspettative, infatti, possono avere un ruolo determinante nel raggiungere o meno alcuni risultati).

Approfondendo l’esperienza e, soprattutto, imparando ad usare questo metodo per alcuni clienti che lo desideravano, mi sono “arresa” all’evidenza. Integrando il percorso psicoterapeutico già iniziato con la caccia all’anima, sono entrata in contatto con esperienze vissute dalle persone da me in psicoterapia, che, non solo, non conoscevo assolutamente, ma che addirittura non potevo conoscere in altro modo, perché rimosse o vissute in età troppo precoce dall’interessato o non direttamente. Fatto ancora più sbalorditivo, nei giorni successivi all’esperienza, avvenivano dei cambiamenti, relativi a risoluzione di particolari problemi, nella persona che mi aveva chiesto assistenza.

Grazie a queste prime gratificanti esperienze, ho iniziato ad approfondire il mio interesse per una possibile integrazione tra la caccia all’anima, questa particolare e antica metodologia tanto lontana dal razionale, e il mio approccio psicoterapeutico, che, invece, in parte, affonda le sue radici nel mentale.

Attualmente mi capita sempre più spesso di integrare il processo psicoterapeutico con il viaggio sciamanico.

Ma quando, all’interno dell’approccio gestaltico, nel tentativo di rimanere fedeli alle sue modalità, si può utilizzare la caccia all’anima? Quando, nel presente della relazione terapeutica, il cliente identifica una sua paura, o giunge a porsi domande che presuppongono un lavoro di consapevolezza (es. “perché ho questo senso di vuoto da quando…”), può essere il caso di intervenire con la modalità terapeutica tradizionale del viaggio sciamanico.

Questo, non tanto per individuare l’evento scatenante il disagio, a cui si potrebbe giungere anche in altri modi, quanto per sanare la ferita e “ricucire” quella parte d’anima, che si era distaccata dal complesso al momento esatto dell’evento spiacevole.

E’ tale reintegrazione, attuata spostandosi in un’altra dimensione percettiva della stessa realtà, che provoca cambiamenti in direzione della guarigione, che avvengono, oltre che dentro l’individuo, anche nella realtà circostante.


Di seguito riporto un esempio – paradigma del modo di agire di tale tecnica. E' il caso, che mi si è presentato alcuni anni fa, di una persona che, nel corso della terapia, mi parlò di un suo allontanamento dalla famiglia durante un anno nella prima età scolare. Invece di concludere l’anno scolastico nella sua città, dove lo aveva iniziato, lo finì nella cittadina dove si era trasferito a vivere con gli zii.

Alla mia richiesta di spiegazione dell’evento, la persona si rese conto di avere sempre considerato tale trasferimento come un fatto “normale”, tanto da non chiedersi mai del suo perché, né di averlo mai chiesto ai genitori.

Va detto che uno dei vissuti del mio cliente, legato al suo rapporto coi genitori, era sempre stato quello del figlio poco “considerato” nella sua individualità. Per questa persona il trasferimento di cui sopra era sempre stato vissuto come il risultato del fatto di non essere voluto, causa diretta dell’ allontanamento da casa. Questo aveva fatto nascere in lui un netto rifiuto nei confronti dei genitori.

La mia richiesta di sapere dai genitori, anche se erano passati ormai diversi anni, cosa aveva provocato quel trasferimento nel figlio non aveva avuto alcuna risposta utile.

A quel punto proposi l’uso della Caccia all’Anima per lavorare sull’evento.
Durante l’esperienza risultò che la madre aveva abortito. Il periodo del trasferimento scolastico coincideva esattamente con l’esperienza dell’aborto subita dalla madre. Il diretto interessato, però, sembrava non sapere nulla del fatto.
Mi venne, quindi, il dubbio che la tecnica non avesse funzionato, quando, dopo diversi giorni, la persona mi comunicò attonito che, durante una visita medica specialistica della madre, alla richiesta del dottore di elencare gli eventi cruciali della propria vita, la donna parlò anche dell’aborto.

Dopo un’intera vita, il mio cliente aveva compreso il senso del proprio allontanamento da casa, smontando in un istante l’idea sempre avuta di non essere stato voluto dai genitori e di essere per loro solo un “impiccio”.

Al di là della comprensione mentale, la persona cambiò il suo rapporto coi genitori, eliminando l’ostilità.
Una tale trasformazione interiore non sarebbe stata così immediata, se fosse stato il risultato di un processo di crescita consapevole nell’ambito di un approccio psicoterapeutico tradizionale.

A mio avviso, questo metodo è una valida possibilità di chiudere in altro modo i cerchi irrisolti della propria vita, lavorando sulla totalità dell’essere umano nelle sue dimensioni di corpo, mente e spirito.
Ritengo, quindi, fondamentale integrare più modalità nel prendersi cura dei disagi esistenziali che un individuo può incontrare nell’arco della propria vita.

Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800


(27/12/2007)