Spesso si legge e si sente parlare di disagio psicologico dell’età adolescenziale. Scopriamo insieme cosa implica evolutivamente far parte del mondo giovanile, quali sono i cambiamenti che in genere si affrontano in questo periodo della vita, che tipo di adattamenti bisogna affrontare e, di conseguenza, quali difficoltà possono sopraggiungere.
Parto dal mio punto di vista di psicologa, nonché psicoterapeuta della Gestalt che vive in questa realtà occidentale, spiegherò più avanti il perché di questa precisazione.
Nel nostro tipo di società, in genere, non si dà molta importanza ai momenti di passaggio, alle “soglie” da attraversare per accedere alle molteplici e individuali tappe evolutive. E' probabile ci si renda conto di esse solo quando emergono difficoltà,che, spesso, fungono da “sveglia interiore” o “risveglio della consapevolezza”, rispetto a un vivere quotidiano apparentemente fluido (della serie “tutto scorre”). In realtà, è solo automatico (“tutto passa correndo e senza avere il tempo di vedere”!). Da questo punto di vista, sono proprio gli ostacoli a questa modalità di vivere che finalmente ci obbligano a fermare lo sguardo su una realtà che è stata sempre davanti ai nostri occhi, ma che non ci siamo quasi mai concessi di guadare in profondità.
L’adolescenza, come fase evolutiva della vita, si può considerare una seconda nascita, portatrice per ogni essere umano di realtà nuove da sperimentare: modificazioni corporee molto evidenti, definizione dell’identità sessuale, conquista di un spazio autonomo in seno alla famiglia e nell’ambiente sociale più allargato, ecc.
Una delle peculiarità di questi nuovi eventi è che coinvolgono l’essere umano già consapevole, che quindi si vive da una parte una nascita a nuova vita con tutta la carica energetica che in genere essa comporta, dall’altra affronta, spesso in modo molto solitario, una inevitabile fase di “lutto” della precedente fase evolutiva, quella del bambino. Si parla di “lutto” perché l’adolescente si trova a dover “uccidere” tutta una serie di schemi legati a ruoli precedenti, e, al tempo stesso, tutta una serie di relazioni, dal momento che sta cambiando secondo un processo inevitabile (es. uccidere il vecchio rapporto coi genitori o con i coetanei dello stesso sesso e quelli del sesso opposto). Tale processo è paragonabile a quello di un fiore piccolo, cresciuto dentro una bottiglia, che inizia a crescere e ad allungarsi a velocità accelerata, seguendo la luce che giunge dall’esterno, e si fa strada verso l’alto, malgrado le strettoie del collo della bottiglia!
In questo contesto vorrei dare particolare luce al fatto che, spesso, il mondo degli adulti sottovaluta la preziosità di questo passaggio evolutivo, di questa fase della vita, dimenticandosi di averla già vissuta. Da ciò conseguono difficoltà nel comprendere quella fetta di mondo e ad accettarla.
Da questo punto di vista, è come se un nascituro alieno arrivasse in un mondo in cui degli individui, piuttosto che essere incuriositi dalla sua diversità, lo evitano per…disagio del confronto, timore verso un essere “diverso”, paura che provenga da una razza più evoluta e che li sovrasti, difficoltà nel gestire le novità, ecc.
Mentre il nostro adolescente sta dietro a queste difficoltà, intanto, il tempo scorre inesorabile, e spesso gli adulti si ritrovano con un essere irriconoscibile, che a sua volta ha dovuto gestire una metamorfosi completa nella totale solitudine, senza essere compreso, e per di più ha dovuto spesso difenderla con una lotta psicologica per esprimere il suo più pieno diritto di sentire l’“io sono, io posso, io voglio”.
Tra l’altro l’ansia, l’incertezza circa l’identità nuova, e la paura di perdere il controllo, a volte possono sopraffare questo nuovo essere che si trova in una fase di cambiamento costante. Infatti, spesso, nel mio ambito psicoterapeutico sento dire dai genitori che il figlio adolescente è scostante, rinchiuso in un mondo tutto suo. Tutto questo, però, viene espresso con un tono quasi accusatorio, negando così l’opportunità di apprezzare la “scostanza” come flessibilità ed espressione del cambiamento continuo contro una rigidità, senz’altro più patologica, che impedisce di vedere l’evoluzione in movimento.
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Fortunatamente, quando dei genitori decidono di chiedere aiuto per gestire in maniera diversa i rapporti familiari, nella fattispecie quello coi figli che crescono, sono in genere comunque più aperti e disponibili a conoscere altre prospettive della stessa realtà, dunque arrivano spesso ad autoironizzare sulla loro cecità, che aveva solo spostato all’esterno un disagio che partiva da dentro, dalla loro difficoltà nel gestire la novità di un figlio che magari ora cerca il confronto, un’attenzione quasi da pari, e non è più tanto disposto ad obbedire senza capirne le motivazioni, che si “permette” addirittura di dar consigli ai genitori.
Da parte dell’adolescente, spesso, il mondo viene vissuto come alieno, lontano; i suoi cambiamenti sono a volte così repentini e veloci che non gli permettono di adattarvisi perché è già più avanti. L’emergere di nuove energie comporta inevitabilmente il venire a patti col mondo interpersonale in misura sempre crescente. Insorgono da una parte conflitti di potere con i genitori e il mondo, dall’altra si trova a lottare per sfuggire all’impotenza e alla dipendenza intrinseca nell’essere piccoli.
Contemporaneamente la sua energia sessuale diventa sempre più prorompente, e questo fatto mette spesso moltissima forza creativa, paragonabile a un vulcano in esplosione. Altresì, si trova a sviluppare una sua filosofia di vita, a trovare il senso di ciò che è giusto o sbagliato, i valori, gli obiettivi in base ai quali vuole vivere.
Forse qualche lettore in questo momento starà pensando che sarebbe bello se fosse tutto così lineare e comprensibile… Probabilmente diventa tutto più affascinante e meno difficile se si comincia ad abbandonare il punto di vista, vissuto in modo complementare da giovani e adulti, che la fase adolescenziale, che prepara a quella della maturità, debba essere necessariamente problematica. L’adolescenza è.
Secondo l’approccio psicoterapuetico della Gestalt, che personalmente porto avanti, l’Esperienza nasce proprio dal contatto tra un organismo e il suo ambiente e, a sua volta, un elemento fondamentale per stabilire un contatto vero è la consapevolezza, vista come capacità di sentire e agire di conseguenza.
Scrivo ciò perché ritengo che vivere in maniera armoniosa questa fase dell’esistenza possa essere un buon inizio di una vita che comincia ad esprimersi attivamente nel mondo. Agire con consapevolezza sarebbe un buon auspicio, senza retorica, per contribuire ad un benessere collettivo fatto più di incontri che di scontri, di condivisioni più che di lotte e intolleranze.
All’inizio di questo articolo ho voluto precisare che avrei descritto il mio punto di vista di psicoterapeuta che vive in una cultura occidentale, e che quindi osserva e fa esperienza in questa realtà che dal punto di vista sociale possiede canoni, tramandati da altre culture precedenti.
Riguardo all’argomento trattato ci sono, per esempio, delle popolazioni in cui le varie fasi della vita vengono profondamente consapevolizzate, sia da chi le vive in prima persona che da tutto il contesto sociale circostante.
Mi riferisco, ad esempio, a certe nazioni di nativi americani (ho avuto la fortuna di fare esperienza personalmente tra nativi Lakota e Hopi), alla cultura tradizionale degli aborigeni australiani, ecc., in cui è ancora estremamente vivo il senso sacrale dei passaggi delle varie fasi di vita, per consapevolizzare i quali si vivono veri e propri riti che sanciscono la morte della precedente fase (il che fa si che la nuova fase non lasci strascichi di “lutto”) e al tempo sesso la nascita nella nuova, con tutte le responsabilità, i diritti e i doveri che questa può comportare.
E’ un modo diverso, e credo più chiaro, di sancire i vari rintocchi della vita che continua ad essere vissuta come un unico fluire anche se, come un fiume, è composta da innumerevoli goccioline d’acqua, tutte diverse fra di loro, che proprio perché diverse originano la pienezza di un corso d’acqua.
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
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