Si tratta della chitina, un amino saccaride esistente in natura nel carapace dei granchi e nella parete delle cellule delle muffe. Da molti anni sono in corso ricerche per chiarire non solo le proprietà utilizzabili delle sue fibre e delle particelle porose che la compongono, ma anche per ottimizzare le modalità di applicazione di tale sostanza nella pratica.
In parte ci sono già riusciti. Sono ottimali, infatti, i risultati fin qui ottenuti dall’utilizzo di cure a base di chitina in caso di ferite procurate da ulcere cutanee, piaghe da decubito e ustioni di 1° e 2° grado. La necessità di tali ricerche parte dal presupposto che alcune lesioni gravi non potevano essere curate con le pomate tradizionali, ma solo attraverso interventi chirurgici e trapianti della cute, contro cui un buon numero di pazienti accusavano un netto rifiuto. Da qui la necessità di scoprire una cura che permettesse di intervenire e risolvere il caso, escludendo l’operazione.
Ma seguiamo nei dettagli la storia della chitina, soprattutto grazie a quali proprietà viene utilizzata in questo ambito, come e con quali risultati.
Una delle caratteristiche fondamentali della chitina nella guarigione dei casi sopradetti è che ha una grande affinità con il corpo umano, proprietà che la rende uno dei materiali maggiormente idonei a coprire e proteggere casi gravi di lesione della pelle.
Tale affinità è data dal fatto che la chitina in forma fisica di fibra si scompone facilmente con gli enzimi del corpo umano e si trasforma in N-acetil-glucosamina, presente, per l’appunto, nel siero del sangue. La scomposizione avviene molto lentamente dalla superficie fino al totale assorbimento e, grazie a un processo di metabolizzazione veloce da parte del corpo dell’elemento assorbito, l’infiammazione che ne deriva è di lievissima entità e scompare in breve tempo.
Partendo dal presupposto di un’ottimale ricettività della sostanza da parte del corpo umano, si è proceduto alla certificazione delle qualità terapeutiche della chitina sulle ferite, in caso di ulcera, ustioni e piaghe di decubito.
Un buon medicamento a base di chitina in tale ambito doveva ottenere sull’organismo curato, in primo luogo:
- un effetto calmante - analgesico
- un buon assorbimento dell’essudato (eccessiva produzione di umore)
- la protezione e la formazione della granulazione
- la formazione di un nuovo strato di epidermide, fino a portare alla ricostruzione totale e alla guarigione finale
Si è scoperto, inoltre, che la chitina attira sulla ferita le Lysozime, cellule positive, e ferma l’infiltrazione delle cellule infiammatorie, ovvero innesca un processo che porta alla guarigione in tempi brevi.
Dopo, quindi, gli ottimali risultati scaturiti dalla ricerca sulle proprietà terapeutiche della chitina, il problema consisteva nel trovare una modalità di applicazione della sostanza sulla parte lesa, in modo da ottenere l’effetto desiderato. Si trattava di “creare” una metodologia curativa così efficiente da potere sostituire le pomate, che, se in alcuni casi si erano rivelate efficaci nell’ambito di tali patologie, in numerosi altri, gli svantaggi ed effetti collaterali che ne seguivano l’applicazione non ne giustificavano più un utilizzo costante.
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Si è provato quindi, con il TNT, il tessuto – non - tessuto, formato da pellicola di chitina, materiale che, però, procurava pressione dall’esterno e perdeva molto presto l’aderenza al tessuto cutaneo, rendendo assai poco efficace l’azione della chitina, di cui era formato. Se poteva essere utile in casi lievi, tanto quanto la pomata, per il resto risultava essere di maggior efficacia la seconda.
Sarebbe stato un peccato non potere usufruire delle proprietà terapeutiche naturali della chitina, ma continui sforzi e ricerche in tal senso hanno permesso di trovare una prima soluzione: la chitina in fiocchi.
Con maggior precisione, si tratta di ridurre la chitina in forma di compresse di ovatta di fibre molto sottili, lunga 50mm. La compressa possiede uno spessore uguale,50 mm, con lati di 5x10cm. In tale forma fisica la chitina risulta uno dei migliori prodotti terapeutici da utilizzare nel caso, appunto, di ulcere cutanee, ustioni di 1° e 2° grado e piaghe da decubito.
Ma perché?Quali sono le proprietà che le permettono di essere più efficace di una pomata tradizionale o della sua forma in TNT (tessuto – non –tessuto)?
Prima di tutto possiede un’ottima elasticità, non si rompe e non si fonde facilmente, compromettendo la cura, ma, una volta applicata sulla parte lesa, si stacca solo a guarigione avvenuta.
Qundi, è di facile applicazione, garantisce una buona protezione della ferita, sempre preda delle peggiori infezioni da batteri, grazie anche alla sua capacità di assorbimento dell’essudato, che, a sua volta, coadiuva la granulazione e la riformazione della pelle.
Questo materiale, inoltre, dissolve facilmente la parte necrotica, risolvendo facilmente la necrosi dei tessuti lesi. Mantenendo una giusta umidità, grazie alla sua proprietà di assorbimento dell’acqua fino a tre volte il suo peso, è in grado di offrire un’idratazione equilibrata e ottenere, di conseguenza, un’ottimizzazione del processo di guarigione della superficie cutanea.
Rilevante, inoltre, è la sua capacità di aderire con efficacia anche su parti mobili del corpo, come nel caso di articolazioni.
Al momento non sono ancora stati rilevati effetti collaterali.
La natura sembra abbia provveduto alla soddisfazione di una buona dose di bisogni, senza, da parte sua, essere privata di “quasi” nulla, infatti, nell’ambito di tali ricerche e uso terapeutico, viene utilizzata solo chitina che deriva da carapace di granchio, scartato dal settore alimentare.
La natura è infinita, la ricerca continua……
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