“Siamo circa seimila, ma è un buon risultato perché oggi ha piovuto tanto. Scrivetelo che ha piovuto!”. Sorride la ragazza dell’organizzazione: il balletto delle cifre è importante anche da queste parti. Poche ore dopo la Bbc riporterà una nuova stima degli organizzatori: diecimila presenze. Va bene così, nessuno la spara troppo grossa, quello che conta è il messaggio, e che lo si possa sentire più lontano possibile.
E così è stato: in contemporanea con Londra si sono svolte manifestazioni contro l’emergenza climatica in oltre cinquanta città di quaranatacinque paesi del mondo. A Milano, Parigi, ma soprattutto in dieci nazioni africane, e per la prima volta in Medio Oriente (come in Palestina e a Dubai), si è manifestato, ciascuno con i propri mezzi, per chiedere una politica ambientale globale finalmente incisiva. Campaign Against Climate Change (CCC) ha coordinato questi sforzi, nella consapevolezza che qualsiasi azione per l’ambiente non può che essere concertata a livello globale.
A Londra si sono messi assieme simbolismo e pragmatismo. La marcia ha avuto inizio sotto il parlamento britannico, a Westminster, e si è conclusa davanti all’ambasciata americana. Locale e globale insieme, come si è detto: Gordon Brown al centro delle proteste, tanto quanto George Bush. Gli slogan vanno dalla sospensione dei progetti di espansione dell’aeroporto di Heathrow, alle accuse al presidente americano di crimini contro il pianeta. Collegano le tematiche ambientali con la condanna del neoliberismo o delle guerre, parlano di realtà concrete. Cartelli ovunque, e attivisti in maschera che cantano senza sosta i loro slogan, o chiedono offerte per il movimento. Decisamente, qui sanno come organizzarsi e comunicare.
Al primo ministro inglese, neo-ambientalista senza vocazione, i manifestanti hanno recapitato una lettera. Vogliono uno “strong bill”, un decreto forte in materia ambientale. La cura del pianeta non è più rinviabile, si afferma, e deve diventare la priorità numero uno del governo, anche in sede internazionale. Michael Meacher è entrato per la prima volta in parlamento nel 1970 ed è una delle voci storiche della sinistra laburista: “Brown non può fare tante promesse ambientaliste e pochi giorni dopo ricominciare a parlare di nucleare”, spiega fra gli applausi dei manifestanti.
Nessun problema a criticare il proprio primo ministro e leader di partito. Con britannico senso pratico, chiede che si smetta di porre obiettivi pretenziosi ma distanti come l’abbattimento delle emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050; piuttosto bisogna darsi scadenze brevi e misurabili: 3% in meno di emissioni all’anno. O investire sull’eolico, perché, spiega, “non è possibile che in un paese ventoso come il nostro siamo solo al 4% di energia pulita”.
Dati e iniziative precise per la Gran Bretagna. Ma sullo sfondo della manifestazione, e dietro la scelta dei tempi, si intravede chiaramente la Conferenza internazionale di Bali sui cambiamenti climatici, organizzata dall’Onu. Iniziata il 3 dicembre e in chiusura domenica prossima, la conferenza ha l’obiettivo di preparare il terreno ai negoziati per un “Kyoto 2”, un nuovo trattato globale, la cui definizione dovrebbe avvenire entro il 2009.
Il tema è ancora quello del coinvolgimento degli Stati Uniti, sempre più isolati nella loro ritrosa politica ambientale, dopo che anche l’Australia, smottata recentemente verso il centro-sinistra, ha garantito la propria adesione ai parametri di Kyoto. Il primo ministro Rudd ha, anzi, l’intenzione di porsi come mediatore fra le nazioni occidentali e la Cina, ancora restia a occuparsi di ambiente. E, non a caso, proprio Stati Uniti e Cina sono proprio i primi due paesi quanto a emissioni di gas serra.
Proprio questo avevano ben chiaro organizzatori e partecipanti della manifestazione londinese: qualsiasi iniziativa unilaterale, per quanto volenterosa, non risolve la questione climatica. Bisogna mettere pressione sugli Stati Uniti e costruire una consapevolezza globale, che coinvolga anche le nuove potenze. Da soli non si va lontano, e questo, nelle animate strade di Londra, è chiaro a molti.
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