In prima nazionale, tre generazioni si sono confrontate sul palco del Teatro Palladium con due serate, una al femminile e una al maschile, dedicate alla danza contemporanea giapponese.
Sei «a solo» di diversi artisti, nati per celebrare il decennale della Maison de la Culture du Japon à Paris, all’insegna dei sempre più intensi rapporti culturali che legano il Sol Levante con l’Occidente.
Punto di partenza obbligato è il butoh, danza complessa e multiforme che esplose nel 1959, fondendo in modo nuovo millenarie tradizioni locali ed antiche e moderne esperienze occidentali.
Alla prima generazione, andata in scena a Roma, appartiene il grande maestro Akira Kasai, che fu allievo e poi stretto collaboratore di Tatsumi Hijikata e Kazuo Ohno, i fondatori del genere.
Definito il “Nijinsky del butoh”, fa parte di quel gruppo di danzatori che hanno definito con i loro esperimenti il senso e la portata di una ricerca sul corpo e le sue infinite possibilità di espressione. È stato lui, con la coreografia Tomato nel 1966, a diffondere l’uso della parola «butoh», composta dagli ideogrammi BU (danzare riferito in particolare alla parte superiore del corpo) e TOH (calpestare, indica generalmente il movimento dei piedi).
Kasai è stato a sua volta maestro di Setsuko Yamada, danzatrice e coreografa di grande espressività e di apertura culturale, che fu tra le prime figure femminili ad assumere un certo rilievo in un mondo inizialmente solo maschile.
Alla generazione di mezzo appartiene Kota Yamazaki che, allievo di Kasai, ha elaborato in Senegal i linguaggi della schizofrenia, connettendoli con i rituali africani; ammettiamo che tale fusione, portata sulla scena, può risultare di non facile comprensione. Nella serata al femminile, si è invece esibita Ikuyo Kuroda, danzatrice dalla formazione classica e contemporanea, già presente a Roma con la sua compagnia Batik nel giugno scorso e a Venezia alla Biennale Danza ‘07.
Del gruppo dei giovanissimi hanno fatto parte Miki Hoei e Hiroaki Umeda, allievi entrambi di Kasai e Yamazaki. Mentre la prima ha mosso i primi passi nella danza moderna da piccola, il secondo ha avuto un percorso meno usuale: ex-calciatore, ha preso confidenza con la danza solo a 20 anni.
Il suo linguaggio fisico è molto potente, fatto di movimenti che sfiorano a tratti la breakdance, e la sua estetica si potrebbe definire “tecnologica”, per il modo in cui usa suoni, luci e ombre (da lui creati) per definire lo spazio.
L’incontro-confronto di questi sei artisti provenienti dal Giappone ha portato sulla scena romana una tale e interessante multiformità di stili, espressioni e suggestioni, che ha dimostrato ancora una volta come i nuovi linguaggi del teatro non debbano prescindere dall’Oriente per trarre nuova linfa. Il butoh è danza della contemporaneità.
“J-Dance 07 Special Edition”
4, 5 dic. - Roma, teatro PALLADIUM
Corealizzazione Romaeuropa Festival 2007 e Maison de la Culture du Japon à Paris, Japan Foundation e Istituto Giapponese a Roma. Con il patrocinio dell’Ambasciata del Giappone a Roma
4 dicembre
Fleurs variables dans leur vitesse coreografia e danza di Setsuko Yamada
Line coreografia e danza di Miki hoei
MonikaMonika coreografia e danza di Ikuyo Kuroda
5 dicembre
Les Quompeitaux coreografia e danza di Akira Kasai
IRUKA’s Madness coreografia e danza di Kota Yamazaki
Accumulated layout coreografia e danza di Hiroaki Umeda
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