SCHWARZENEGGER CONTRO GLI STATI UNITI
LA CALIFORNIA ALLA GUERRA PER L’AMBIENTE

Contro il diffuso disinteresse della politica americana nei confronti delle tematiche ambientali si sono schierati alcuni stati americani, desiderosi di una norme più protettive contro l’inquinamento delle automobili. In testa a questi stati la California del presidente Schwarzenegger, che ha citato in tribunale il governo americano.
di Stefano Zoja
Arnold Schwarzenegger, uno che di battaglie per salvare il pianeta se ne intende, ne ha cominciata una nuova. E questa volta il suo avversario sono gli Stati Uniti. Naturalmente non siamo in un film di fantascienza, ma nell’arena politica americana, nella quale l’ex attore svolge con spirito indipendente il ruolo di governatore (repubblicano) della California, in contrasto con il presidente (repubblicano) degli Stati Uniti.

Non è la prima volta che il governatore si contrappone alla linea legislativa e culturale del governo centrale, ma in questa occasione la sua battaglia si fa ancora più dura per il tema coinvolto: le emissioni di gas serra, il diritto a inquinare, e dietro questo, ancora una volta, il Protocollo di Kyoto, baluardo, anche simbolico, della lotta contro l’emergenza ambientale.

In breve, la California ha l’ostinata intenzione di adottare una legislazione più restrittiva sulle emissioni delle automobili rispetto al governo federale. Proprio perché aspira a una regolamentazione più restrittiva, Los Angeles deve ottenere una deroga dall’Epa (Environmental Protection Agency, il corrispettivo del nostro Ministero per l’Ambiente). Ma la deroga, già in discussione da anni, non arriva. E la California ha sporto denuncia contro il governo federale.

Dietro allo stato californiano, uno dei più potenti ed emancipati, dovrebbero riunirsi circa altri quattordici stati (fra cui Illinois, Maine, New York e Vermont che si è già unito alla California), interessati anch’essi a raggiungere l’obiettivo del taglio delle emissioni automobilistiche del 30% entro il 2016.

Un colpo che subirebbero sia la pluriennale politica presidenziale sull’ambiente, sia le case automobilistiche, che si troverebbero costrette a rivedere i propri piani industriali per fornire al mercato quelle automobili che tanti stati, contemporaneamente, si troverebbero a richiedere.
E, spalla a spalla, governo e case automobilistiche, anch’esse ricorse in tribunale, si difendono.

Già nel 2005 la California aveva chiesto di esaminare la possibilità della deroga. Ma l’Epa, non certo nuova nella propria storia a simili deroghe, si era inizialmente dichiarata incompetente sulla materia. Quando la Corte Suprema ha stabilito che l’agenzia poteva deliberare, sono sorti altri impedimenti, nuove attese. “L’Epa si è seduta sulle proprie mani”, ha detto di recente il procuratore federale della California. Finché, pochi giorni fa, lo stato dell’ovest ha citato in giudizio l’Agenzia per l’ambiente.

Siamo dentro un legal thriller in salsa gustosamente americana. Nella “vecchia” Europa, nell’Unione Europea della fusione fredda, dei principi di sussidiarietà o di cooperazione rafforzata, sarebbe difficile immaginare una situazione simile. Per questioni formali, ma anche per motivazioni culturali, sarebbe improbabile vedere la Commissione opporsi alla Germania o alla Francia quando aspirassero a una norma simile, a un impegno più deciso nel nome dell’ambiente.

Gli Stati Uniti, troppo uniti non sono mai stati. Le disparità di visione fra stati progressisti o conservatori, delle coste o dell’interno, su temi di ogni genere, come sulla pena di morte, lasciano intravedere che dietro il moloch americano, con la sua pretesa, e apparentemente compatta, tensione egemonica, esistono realtà profondamente diverse. E che per fortuna, tra queste resiste uno spazio di confronto, e anche di azione indipendente.

Proprio da alcuni di questi stati può venire la spinta che manca a livello nazionale per vedere con occhi nuovi problematiche incancrenite. Ed è proprio questo spazio di espressione, che nella storia gli Stati Uniti hanno consentito al loro interno in diversi ambiti, ad avere contribuito alla costruzione della parte sana del mito americano. Sarebbe un problema se per opportunità politica (o di mercato) perdesse forza questo principio. Ma ultimamente c’è nell’arena un ex attore austriaco-americano, un politico insolito a spendersi per questi principi fondamentali: “Faremo ricorso ancora, ancora e ancora, finché vinceremo”.


(16/11/2007)