EPIDURALE O PARTO NATURALE?
PRO E CONTRO SULLE NUOVE TENDENZE MEDICHE

E' solo un problema di rinunciare al dolore? E' davvero senza controindicazioni? E, a parto concluso, non lascia tracce? Riflessioni e preoccupazioni sul parto con l'epidurale.
di Azzurra De Paola
L'epidurale è un'anestesia che permette alle donne di partorire "dimenticandosi" ogni possibile dolore. Sembra una grande scoperta, l'occasione che le nostre nonne avrebbero voluto, la possibilità di godere di ogni fase del parto senza però soffrire le pene dell'inferno prima di vedere il bambino nato.

E chiunque sia venuto in contatto con le informazioni dettagliate e chiare dell'epidurale ci avrà fatto un pensierino: è un metodo che consente di anestetizzare i nervi che si diramano all'addome; introducendo un ago nella regione lombare si inietta una piccola quantità di anestetico per renderla insensibile per poi introdurre un catetere che porti la dose effettiva di anestetico che accompagnerà durante tutto il parto.

La procedura dura dai 20 ai 40 minuti, un tempo irrisorio rispetto alle otto-dieci ore previste per il travaglio medio e le due ore di parto; gli effetti collaterali accertati sono irrilevanti anch'essi poiché non sono previste controindicazioni per il bambino né per la mamma, tutt'al più - dato che la parte inferiore del corpo della donna viene completamente anestetizzato - si possono verificare cali di pressione cui si rimedia con una piccola flebo nel braccio che argini il problema somministrando liquidi. Il mal di schiena di riscontra solo nell'1% dei casi ma nessuna sperimentazione accerta il nesso tra questo e l'epidurale tanto che si ritiene che il disturbo non sia dovuto tanto all'anestesia quanto al travaglio stesso.

A questo punto sembra fin troppo facile concludere che, tutto sommato, non ci sono rischi effettivi quindi il gioco vale la candela. Eppure prima di lanciarsi a cuor leggero in questa decisione è opportuno - come in ogni decisone importante della vita - vagliare tutte le possibilità e fare qualche considerazione.

Innanzitutto (sembra banale ma non lo è) il mondo va avanti da milioni di anni e le femmine di ogni specie animale hanno sempre partorito in modo spontaneo, al culmine di un processo tutto naturale in cui è previsto che alla fine della gestazione - per motivi ancora imprecisati - il corpo del nascituro produca un ormone, l'ossitocina, che provoca le contrazioni dell'utero e quindi il travaglio. Niente di anomalo, quindi. E' previsto, la natura ci ha voluti così e cosa ancor più importante ci ha fatti tutti uguali - il parto di una donna non è diverso da quello di un cane se non per tempistiche.

In seconda istanza va considerato il fatto che il dolore del travaglio e del parto non sono paragonabili al male causato da un arto spezzato o da una malattia, questo perché il dolore da gravidanza stimola nella donna la produzione di endorfine, cioè l'ormone preposto all'aumento della soglia di sopportazione e maggiore è il dolore (che aumenta in maniera proporzionale all'avvicinarsi del momento del parto) maggiore è la produzione di questa sostanza. Inoltre, la combinazione di endorfine prodotte spontaneamente e altri analgesici somministrati - il parto naturale prevede comunque l'impiego di medicinali che attenuino il dolore - potrebbe essere già sufficiente ad affrontare quel momento.

Il travaglio è doloroso, il parto ancor di più e questo è un fatto: il dolore che una donna prova in queste due fasi è descritto come tra i più acuti dolori esistenti ma, di contro, portano alla nascita di un bambino ed è questo l'incentivo maggiore. Il travaglio è accelerato dalla posizione eretta della donna o dal movimento che, con l'epidurale, è impossibile; inoltre, avendo i muscoli addormentati, non si ha la percezione del bisogno di andare al bagno quindi bisogna utilizzare un catetere anche dopo il parto finché l'anestesia non scompaia del tutto; infine, non si ha percezione delle contrazioni quindi l'aiuto che si offre al nascituro con le spinte è ridotto dal fatto che è l'ostetrica a dover dire alla madre quando spingere e la forza di queste sarà attenuata quindi anche il parto avrà una durata maggiore. Una madre "sente" istintivamente suo figlio anche prima che nasca, dopo i primi mesi, presa dimestichezza con la nuova condizione, la donna sa come comportarsi, cosa fare. Lo sa perché è la natura a suggerirglielo, in modo inconscio quindi anche durante il parto la comunicazione "telepatica" tra madre e figlio.

"...infine, supremo sacrificio, abnegazione totale, bisogna dire dentro di sé: sì, lasciami. La vita, la tua vita è là, davanti a te. Prendila" (F. Leboyer)


(12/11/2007)