Nella mia pratica di psicoterapeuta, come nella vita quotidiana, mi capita spesso, e mi incuriosisce, osservare il modo di vestire delle persone che incontro, come anche il mio stesso modo, e quasi sempre trovo una connessione tra la scelta dell’abbigliamento e il vissuto della propria sessualità.
Nella storia recente della cultura occidentale si sono succeduti svariati cambiamenti. Si è passati dunque dalle scoperte, scandalose per l’epoca, di S. Freud sulla sessualità infantile all’introdurre lezioni di sessuologia nelle scuole, anche se purtroppo ciò avviene solo in alcuni contesti scolastici.
Ciò nonostante, permane spesso una confusione di base sulle funzioni sessuali. E persistono anche ignoranze e pregiudizi circa il mondo della sessualità umana e ciò la fa rientrare nel mondo del “non detto”.
Siamo disposti a riconoscere più facilmente gli atteggiamenti e i periodi dell’anno in cui gli animali che abbiamo vicino vanno in calore, ma siamo ciechi sul considerarci esseri che fanno altrettanto parte della natura e che quindi usano seduzione, tattiche di corteggiamento per seguire stimoli, desideri, bisogni di natura sessuale.
Ecco allora che si osservano comportamenti contraddittori rispetto ai messaggi sessuali che si vorrebbero in realtà esprimere.
Ciò dimostra che non è possibile separare il comportamento sessuale di un individuo dalla sua personalità globale.
Questa può sembrare un’affermazione quanto mai scontata, ma in realtà nella pratica psicoterapeutica mi capita di sentire spesso affermare “nella mia vita va tutto bene, devo solo risolvere questo problema sessuale”.
La sessualità è un aspetto della personalità, quindi non si può cambiare senza che ci siano modificazioni nelle sue varie aree. Tornando alla manifestazione esteriore dei propri vissuti sessuali, è anche pensiero comune attribuire, ad esempio, ad una donna che veste in maniera marcatamente seducente (abiti che mettono in risalto le forme, scollature procaci, ecc.), alcuni direbbero “provocante” (a mio avviso questo giudizio esprime solo un disagio nel trovarsi di fronte alla seduzione), libertà di pensiero e magari anche di azione in ambito sessuale.
Al contrario, alla donna che veste in maniera “casta” ( abiti che nascondono le forme, maglie larghe e accollate, ecc.) si attribuisce spesso la vergogna nel mostrarsi, o ancor più l’assenza di desiderio sessuale.
In realtà sia nell’uno che nell’altro caso, dal punto di vista terapeutico, ci potrebbe essere un disagio che in qualche modo il corpo esprime. Ci sono poi molte altre espressioni della propria sessualità che sono frutto di scelte consapevoli di una persona, sia essa maschio o femmina: ad esempio, vestire sexy perché ci si piace allo specchio o perché si vogliono lanciare consapevolmente messaggi sessuali all’esterno.
D’altra parte, l’essere umano ha imparato ad “atteggiarsi”, così come fanno le altre specie animali. Non a caso si usa l’espressione “pavoneggiarsi” per riferirsi ad un individuo che si mostra attraverso il suo aspetto esteriore per attirare attenzione.
E’ noto come in molte specie animali sia il maschio a rendersi quanto mai attraente nella stagione degli amori per essere scelto dalle femmine.
Attirare attenzione è un comportamento che sorge spontaneo nell’età infantile anche dell’essere umano e che spesso, ma non sempre, in maniera evoluta lo si utilizza anche in età adulta.
Nel mondo umano, negli ultimi tempi, la gara alla seduzione e al sex appeal è quasi paritaria tra i due sessi.
Prova ne è l’incremento di riviste e prodotti di bellezza rivolti esplicitamente al mondo maschile. Anche se continua a rimanere, più o meno sottilmente, la condizione dell’uomo “conquistatore” del mondo femminile, spesso così misterioso e imprevedibile.
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
|
|