TITOLO ORIGINALE: It’s a free world…
REGIA: Ken Loach
CON: Kierston Wareing, Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Colin Caughlin, Joe Siffleet, Faruk Pruti
GRAN BRETAGNA, ITALIA; GERMANIA; SPAGNA 2007
DURATA: 96’
GENERE: drammatico
VOTO: 5,5
DATA DI USCITA: 28/09/2007
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Angie è una donna trentatreenne divorziata, madre di un figlio di undici anni che vive coi nonni perché lei è troppo impegnata nella sua carriera professionale. Un giorno, però, Angie viene licenziata senza giusta causa dall’agenzia di collocamento per stranieri presso la quale lavora. La donna decide così di avviare la stessa attività in proprio, in società con Rose, la sua coinquilina.
Ken Loach è un filantropo, probabilmente. Certamente è un uomo che sente profondamente le ingiustizie sociali che lo circondano e che si pone il problema se sia giusto ignorarle o meno. Il regista inglese è uno di quegli artisti per i quali raccontare delle storie senza ambientarle nel contesto sociale contemporaneo può essere causa di rimorsi etici struggenti. I suoi film, infatti, per la maggior parte –e quest’ultimo non fa eccezione- si son sempre sviluppati fotografando una determinata situazione sociale, riscontrabile nella realtà non appena si esce dalla sala. Questa volta il tema portante di In questo mondo libero…è la massiva immigrazione clandestina e tutti i problemi umani che essa comporta.
La realtà del precariato del lavoro viene osservata dettagliatamente solo a livello dei, perlopiù, disperati stranieri che cercano di sopravvivere nella periferia londinese. Quindi un film sull’integrazione sociale, che muovendo la sua storia dalla realtà londinese si allarga ed abbraccia empaticamente tutto quello che sta succedendo nel nostro mondo occidentale. Tutte le contraddizioni del nostro sistema capitalistico. La mostruosità disumana del libero mercato. Tutto questo è, meritoriamente, analizzato e criticato con passione, e con una disinvolta capacità di far emergere caratteri umani che ancora danno speranza al miglioramento della società, riuscendosi ad opporre a quelle economicizzate aberrazioni umane che il mercato liberistico ha prodotto.
Angie, la protagonista del film, è uno di questi prodotti, ed è talmente addentro al sistema che neanche riesce più a rendersi conto della propria mostruosità, pur avendone le potenzialità caratteriali per poterlo fare. Il mercato è così fortemente spietato che fagocita qualunque risorsa sentimentale. Tutta questa utile fotografia di causa-effetto sociale, ripresa da Loach, questa volta, però, non serve a salvare il film da quello che è il peggior difetto per un’opera cinematografica: la scarsezza di linguaggio visivo, l’assenza di ciò che viene definito come specifico filmico. In questo mondo libero...è un racconto abbastanza prevedibile dove la causalità dei raccordi filmici ricorda molto la semplicità delle immagini televisive.
Storie facili, con sviluppi lineari, per poter trattare un argomento con univocità martellante. E’ vero che è lecito ed encomiabile porsi il problema etico e politico nella costruzione di un’opera, ma questo non è il modo migliore per costruirla, a meno che non si voglia la mera cronaca finzionale ed effimera. Forse è proprio l’inchiesta filmica sull’attualità politica che limita artisticamente il regista inglese in questi casi, che, al contrario, quando non racconta il suo momento storico riesce ad essere prosaico e poetico allo stesso tempo; riesce ad alludere simbolicamente, parlando con le immagini, senza doversi ridurre alla fiction politica e film come Terra e libertà o il precedente Il vento che accarezza l’erba lo testimoniano.
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