APPELLO PER UNA ECOLOGIA DELLA MENTE
Studi scientifici accreditati affermano che ogni giorno il 90% delle idee che ci passano per la testa sono identiche a quelle del giorno precedente. Il panorama delineato da questa affermazione, non molto lusinghiera per quanto attiene le nostre capacità creatrive, assumerebbe tinte ancor più drammatiche se volessimo scoprire quanti di quei pensieri siano realmente utili e significativi. Cosa accadrebbe se la natura ci avesse dotati di un sistema di smaltimento delle idee irrilevanti?
di Laura Bonaventura
Avete presente quando il mitico Elio e le Storie Tese invocava un “cassonetto differenziato per il frutto del peccato”? Ebbene da qualche giorno mi chiedo perchè la natura non abbia predisposto nel nostro cervello una specie di cestino da pc, nel quale indirizzare tutti i pensieri trash che ci affollano la mente, magari con tanto di rumore di cartaccia appallottolata che segnali l’arrivo nel cestino del concetto espulso, proprio come in Word.

Insomma, se ci ha pensato Bill Gates avrebbe potuto farlo anche madre natura. E invece no, ha preferito lasciare che miliardi e miliardi di idee spazzatura si accumulassero negli anfratti della nostra psiche, formando alti cumuli e creando intasamento, polvere e caos, nonché quella particolare e generalizzata confusione mentale che caratterizza la corteccia cerebrale degli esseri umani, facilmente riscontrabile nei colloqui con i propri simili e nell’osservazione dello stato in cui versa il pianeta Terra.

A guardare bene si potrebbero scoprire singolari analogie tra il cervello umano, italiano in particolare, e gli archivi dei nostri ministeri, che in effetti di tale alto frutto dell’evoluzione sono un brillante prodotto. Chi abbia avuto la ventura di addentrarsi nei labirinti di tali eccellenti archivi avrà senz’altro scoperto che vi sono meticolosamente conservati, in forma rigorosamente cartacea, tutti i documenti prodotti dall’unità d’Italia ad oggi, stipati in giganteschi faldoni – con allegate bozze e controbozze, tanto da rendere praticamente impossibile l’individuazione della versione definitiva -, fra polvere, acari e muffa, fino a far esplodere gli scaffali e a ricoprire, in estensione e in altezza, tutti i metri cubi di superficie delle stanze. Per lo zelo dei nostri burocrati neppure un foglio viene distrutto; dispersi sì, ma solo quel tanto che basta per renderli introvabili nel momento in cui si cercano, e tuttavia sempre pronti a saltar fuori quando si sta dando la caccia a qualcos’altro.

Nè spettacolo più consolante potrebbe fornire la maggior parte delle nostre case, intasate non solo di oggetti inutili, ma anche di massicce quantità di documenti ormai scaduti, liste della spesa di dieci anni prima, ricette di farmaci presi durante la prima infanzia, giornali vecchi, e chi più ne ha più ne metta, perchè per noi, come per il nostro cosiddetto organo intellettivo, la parola d’ordine è “conservare e accumulare, non si sa mai”.

Ma cosa si potrebbe intendere per “pensieri spazzatura”? Si sente spesso parlare di innovative scoperte scientifiche riguardanti miracolose pillole che riescono a cancellare dalla memoria gli eventi traumatici o altri specifici fatti della vita che non risulta conveniente ricordare. Non so a che punto sia la realizzazione di questi farmaci, ma mi chiedo: e se l’oggetto bersaglio delle nuove medicine divenissero le riflessioni inutili o inappropriate? Probabilmente la maggior parte del genere umano si ritroverebbe con un bel cervellino pulito pulito come quello di un neonato, una tabula rasa per dirla alla latina.


Perchè in effetti quanta parte delle nostre idee risulta di qualche utilità non dico per il pianeta o per gli altri uomini, ma almeno per noi stessi? Forse i migliori fra noi potranno arrivare ad un 10%, ma temo che la massa si attesterebbe intorno a un ricco 1-2%.

E ancora un quesito: sarebbe opportuno distruggere solo i pensieri inutili o anche quelli cattivi? Qui si aprirebbe infatti un altro vastissimo campo di attenzione in quanto, non essendo la benevolenza verso il prossimo uno dei pregi più diffusi, siamo quasi tutti grandi produttori di giudizi poco urbani, scagliati ad ampio raggio e a getto più o meno continuo verso gli obiettivi più svariati: dalla classica suocera al coniuge, dal capo al vicino di casa, dai colleghi agli automobilisti in coda accanto a noi, fino ad arrivare alla nostra stessa prole, se è vero, come ha detto la pediatra di mio figlio, una santa donna venerata dalle madri dei quattro quartieri della zona: “Tutte le madri normali hanno desiderato, almeno una volta nella vita, di scagliare il proprio figlio dalla finestra” (ma ovviamente non l’hanno fatto, altrimenti non sarebbero poi tanto normali).

Ci sono addirittura giorni, magari proprio in periodi di grande “buonismo”, in cui ci viene addosso una gran voglia di dar sfogo a tutta la cattiveria repressa, non per far male a qualcuno, quanto piuttosto per tirar fuori “la parte oscura” che è in noi: eccoci dunque armati di telefono a lanciarci, con il nobile sostegno di qualche amico, in un torrente di battute più o meno feroci su qualunque soggetto ci capiti a tiro, accompagnando il tutto con l’inseparabile corredo di risate. In quei giorni il famoso cestino cerebrale, se esistesse, andrebbe svuotato almeno ogni mezz’ora.

Se poi il cassonetto word-mentale fosse predisposto per contenere anche i pensieri proibiti, nel giro di qualche ora andrebbe sicuramente in tilt. Colpiti da tale inevitabile ingorgo non sarebbero solo gli uomini, principali produttori di banali fantasie vietate a sfondo femminile, quanto di certo tutto il genere umano, i cui sogni proibiti spaziano dall’assurdo al demenziale all’incredibile, tanto che se fosse possibile scoprirli non esisterebbe reality show più comico.

Ecco dunque svelata la ragione per la quale saggiamente non siamo stati corredati da un sistema di smaltimento delle elucubrazioni inutili: probabilmente per evitare di lasciare quelle due-tre idee significative vagare nello spazio vuoto e rimbombante della nostra scatola cranica, lanciando vani richiami tipo particella di sodio nell’acqua Lete. Ancora una volta la natura aveva visto giusto!


(03/10/2007)