In questi ultimi giorni i media hanno dato ampio spazio ai risultati di indagini che non traducono in modo preciso la realtà dell’omeopatia.
Per esempio secondo l’indagine Doxa (Indagine Doxa: “Indagine sulla conoscenza dell’omeopatia e l’uso di prodotti omeopatici” – novembre 2004) in Italia le persone che si curano con l’omeopatia rappresentano il 23% della popolazione, eppure per l’Istat (Indagine Istat: “Le terapie non convenzionali in Italia” - anno 2005) rappresentano il 7%!
Riguardo all’evoluzione in cinque anni del numero di persone che utilizzano l’omeopatia, si hanno dei numeri anche qui diametralmente opposti tra la Doxa (+83%) e l’Istat (-15%).
Da parte sua l’IMS, altro grande organismo che si occupa di indagini di mercato, segnala una crescita dell’8% nel primo semestre del 2007 (sia a valori, che in quantità).
Sondaggi, inchieste, numeri...l’unico dato certo è che una grande percentuale della popolazione non conosce ancora l’omeopatia.
Incentrando il dibattito sulle cifre ci siamo dimenticati della vera questione: la salute delle persone.
Se l’opinione pubblica, i personaggi autorevoli del mondo scientifico smettessero di vivere l’omeopatia come antagonista degli altri approcci terapeutici, potremmo finalmente riunirci intorno all’unica causa per la quale ne vale veramente la pena: la salute e la sicurezza dei malati.
Tutti i pazienti, tutti i medici, tutti i farmacisti dovrebbero sapere che l’omeopatia pur non essendo una panacea è semplicemente una valida alternativa terapeutica e che per un certo numero di patologie dovrebbe essere utilizzata come prima scelta perché non sviluppa alcuna tossicità, alcun effetto collaterale.
Una delle migliori prove di questo interesse pragmatico dei pazienti per l’omeopatia è l’ultimo studio Doxa (Indagine Doxa: “Ricerca sulla propensione alle cure omeopatiche” – febbraio 2006) che abbiamo commissionato: volevamo sapere se i pazienti andavano verso l’omeopatia per marginalizzarsi in rapporto alla medicina ufficiale o per aver accesso ad un potenziale terapeutico complementare.
La risposta è chiara: il 52% della popolazione ha risposto che “Desidererebbe che il Suo medico fosse in grado di curarlo con medicinali omeopatici, quando necessario”.
Quindi più della metà degli italiani desidererebbe che il proprio medico di famiglia, pediatra o specialista, potesse conoscere e praticare l’omeopatia per avere la possibilità di disporre del trattamento più adatto al suo caso: il più efficace e con minori rischi.
Non c’è dunque un rifiuto della medicina con la “M” maiuscola, c’è solo la volontà che la medicina integri questa competenza specifica come già si fa in numerosi paesi, in Francia in particolare.
Se il proprio medico non è competente, il malato va a cercare altrove...
L’omeopatia rappresenta una via terapeutica complementare all’interno della medicina, e non una medicina alternativa.
Per il momento il medicinale omeopatico rappresenta meno del 2% del fatturato dei medicinali in generale; aumentando la conoscenza e l’utilizzo di questa terapeutica da parte dei pazienti, potrebbe nel futuro moltiplicare questa percentuale in modo significativo.
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