Così come è difficile tradurre un verso conservandone intatta l’armonia, a volte mi trovo in simile difficoltà a spiegare la bellezza di una pianta. Come se le parole ( o più probabilmente le mie scarse capacità narrative ) fossero completamente insufficienti a esprimere le possenti ma volatili sensazioni che la pianta di turno mi da. E quella di cui parlerò oggi, lo so già, essendo una mia vera passione, mi darà problemi allucinanti e la sua descrizione non mi soddisferà affatto. Comunque farò del mio meglio.
In questa prima puntata dell’anno scolastico 2007/08 ( che belo non andare più a squola! ) vorrei rendere omaggio a una specie di cui colpevolmente non avevo parlato nel capitolo dedicato alle Clematidi. Allora non accennai alla sua esistenza perché il mio folle amore per lei non era ancora sbocciato. La luce dei miei occhi ha un cognome, Clematis, e un nome, armandii.
Come la maggior parte delle clematidi è un rampicante ma come poche tra loro è sempreverde. E tra le sempreverdi è senza dubbio la più rustica. Ha foglie lanceolate lunghe otto centimetri circa e tramite il loro picciolo si ancora saldamente a qualsiasi appiglio le capiti a tiro. Ha fiori bianchi oppure rosa nella bellissima varietà Apple Blossom. La mia preferita.
La Clematis. armandii si incontra sempre più spesso nei vivai, ormai è diffusa quasi quanto le sue altre sorelle più famose come la montana o l’alpina. Costa un po’ di più ma ne vale la pena.
Stranamente non mi ricordo del nostro primo incontro. Come spesso capita tra le persone, ho iniziato a essere innamorato di lei senza nemmeno saperlo. Quando me ne sono accorto era già troppo tardi per tornare indietro, la frittata era fatta, era già entrata nella mia Top 10 senza farsi vedere ma da lì fino ad ora non si è più schiodata.
Ma cosa ha di tanto particolare e bello questa pianta? Tante cose. Intanto la sua fioritura precoce e rigogliosa è un tuffo al cuore: unisce un languore tropicale a una purezza di luci tutta nordica. Un abbraccio tra la calda voluttuosità del sole del Capricorno e l’elettrica trasparenza del cielo di un mattino inglese. Questa strana alchimia è probabilmente data dalle foglie paffute che sanno di pioggia e di caldo accostate a dei fiori eterei fatti di brina e di rugiada. La magia che si porta dietro l’armandii è forse la sua bellezza più particolare.
Ma tante altre caratteristiche più terrene la rendono preziosa per ogni terrazzo. Come detto è sempreverde e questo la rende simpatica a tutte le persone che non sopportano le clematidi in inverno, durante il quale, nella maggior parte delle specie, sembrano del tutto stecchite. Altra cosa positiva è che è molto veloce a crescere: se avrà una adeguata quantità di terra per espandere le radici crescerà di parecchi metri durante la prima stagione vegetativa.
E’ piuttosto rustica, diciamo: benissimo in riviera, bene in città anche al nord, benino nell’aperta campagna lombarda, dove i venti freddi dell’inverno possono farle davvero male. Diversamente da quanto accade in città, infatti, l’inverno non è mitigato dal malsano fumo caldo che dalle auto e dalle case si innalza sopra la metropoli e lì allegramente permane per nostra somma salute e gioia. Bè, almeno c’è la consolazione che l’orribile coltre calda preserva la nostra amata armandii da nocivi colpi di freddo…
L’unico difetto che ho riscontrato nell’armandii è che qualche volta schiatta senza un maledetto motivo al mondo. Per carità non succede spesso e poi a guardare bene una ragione la si trova sempre: troppo sole, troppa ombra, troppa acqua, poca acqua… quindi, lo ammetto, dire che muore senza ragione è ingiusto nei suoi confronti. Almeno però mi si conceda di dire che la ragazza è piuttosto cagionevole di salute e, aggiungo, quando ha deciso di trapassare non vuol più sentir ragioni: la si può coccolare, vezzeggiare, ma lei niente, inizia ad avvizzire fino all’ultimo fatal sospiro. Che dolore.
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