Ciò che fa la differenza tra "Il festival di Cannes" e tutti gli altri – ahinoi, tra tutti gli altri c’è anche la Mostra di Venezia, da almeno un paio di decenni ormai – non è tanto e solo nel budget e negli sponsor che favoriscono la venuta di star sulla Croisette, non è neppure per il fascino esotico della Costa Azzurra, il vero sostanziale scarto tra Cannes e tutti gli altri sta in una ragione squisitamente in tema con la ragion d’essere di una rassegna cinematografica: il Festival di Cannes è un festival biunivoco, ovvero che dialoga con i produttori e con gli addetti ai lavori, tant’è che Cannes è l’unico festival in grado di condizionare a livello planetario le produzioni in merito ai loro piani di lavorazione.
Si decide di iniziare le riprese in un dato momento per avere la certezza di poter portare almeno una copia lavoro, o almeno un montato provvisorio da presentare ai selezionatori della Kermesse; o addirittura dopo il passaggio cannense si ritorna al montaggio per una limatura, forse comunque dovuta, o forse conseguenza dell’accoglienza ricevuta. L’anno scorso è stato così per il nostro L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino, per fare un esempio a caso che ci riguarda da vicino: il regista decise di eliminare 10 minuti dal finale per la versione che avremmo visto in sala in autunno proprio dopo essere tornato da Cannes.
Le edizioni a cifra tonda sono sempre quelle da cui ci si aspetta sontuosità in tutti i sensi e ci si augura anche che a vincere sia qualcosa di clamoroso, in termini di imperitura memoria, scordando che quel che deve contare è che la qualità possa e debba avere la meglio su presunte architetture ad incastro, tra industria e marketing.
E così è stato: nell’anno della 60a edizione Cannes ha premiato un film che a detta dello stesso regista neppure aveva progettato un anno prima, nato sei mesi fa come idea e realizzato con pochi soldi e in appena qualche mese appunto; ed oggi alla ribalta mondiale, garantendosi visibilità e distribuzione; un film che altrimenti non avrebbe mai varcato i confini nazionali.
Stiamo parlando del film romeno 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni di Cristian Mungiu: un film dedicato al femminile dato che riguarda la storia di un aborto clandestino all’epoca della dittatura di Ceausescu nel 1987. E ancora ad un film romeno va il premio della sezione Un certain régard, per il film California Dreamin del regista Cristian Nemescu, un talento in erba le cui potenzialità non vedremo mai messe alla prova, perché, appena ventisettenne, è prematuramente scomparso a causa di un incidente stradale l’estate scorsa. Questa decisa affermazione della cinematografia romena in questa edizione non del tutto casuale: l’anno scorso sempre a Cannes aveva vinto il premio per l’opera prima (Camera d’Or) un altro giovane regista rumeno, Corneliu Porumboiu con A Est di Bucarest.
Se gli statunitensi l’hanno fatta da padroni come sempre in materia di glamour, tra provocazione e spettacolarità, con la presentazione di film quali Ocean’s 13, l’unico a prendere un premio, che di fatto equivale ad una sorta di palma d’oro ex aequo non ufficializzata, è l’indipendente Gus Van Sant – già palma d’oro nel 2003 con Elephant – che con Paranoid Park prende il Premio Speciale per il 60° anniversario.
Per il resto tanti nomi grossi in concorso del tutto ignorati: Wong Kar Wai, Emir Kusturica, Joel e Ethan Coen, Catherine Breillat, David Fincher, Kim ki duk, Aleksander Sokurov e Quentin Tarantino. Il pittore passato dietro la macchina da presa Julian Schnabel prende l’ambito premio per la regia col suo Lo scafandro e la farfalla: spesso chi annovera tra i propri premi quest’ultimo, ha avuto o avrà anche una Palma d’Oro da esporre. Che sia di buon auspicio quindi?
I PREMI
PALMA D'ORO
4 Months, 3 Weeks And 2 Days di Cristian Mungiu
GRAND PRIX
Magari No Mori di Naomi Kawase
PREMIO SPECIALE PER IL 60MO ANNIVERSARIO
Gus Van Sant (Paranoid Park)
MIGLIOR ATTORE
Konstantin Lavronenko (The banishment di Andrey Zvyagintsev)
MIGLIOR ATTRICE
Do-Yeon Jeon (Secret Sunshine di Lee Chang-dong)
MIGLIOR REGIA
Julian Schnabel (Lo scafandro e la farfalla)
MIGLIOR SCENEGGIATURA
Dall'altra parte (Auf der anderen Seite) di Fatih Akin
PREMIO DELLA GIURIA
Persepolis di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud
Silent Light di Carlos Reygadas
CAMERA D'OR
Meduzot di Etgar Keret e Shira Geffen (Settimana della critica)
MENZIONE SPECIALE CAMERA D'OR
Control di Anton Corbijn
PALMA D'ORO PER IL CORTO
Ver Lover (di Elisa Miller)
MENZIONE SPECIALE
Run di Mark Albiston e AhMa di Anthony Chen
|
|