La vita di un pesce rosso, si sa, è abbastanza monotona: ore e ore a nuotare in cerchio in un'angusta boccia piena d'acqua, unico brivido l'arrivo del pasto giornaliero.
Ma Boris è un pesciolino molto particolare: essendo il portafortuna del regista televisivo René, ha un posto d'onore sopra il monitor della regia e può vedere che cosa succede davanti e soprattutto dietro le telecamere, dove regna un'atmosfera a dir poco frenetica. La stessa posizione di uno spettatore che si gode questa serie in onda il lunedì alle 23.00 sul canale 110 di Sky.
Boris infatti è una fiction sulla fiction, che fa satira su un prodotto televisivo che ultimamente ha colonizzato i nostri schermi: e svela tutti i retroscena, tutte le vicende quotidiane che caratterizzano la realizzazione di questi prodotti patinati e pieni di buoni sentimenti.
Siamo sul set di una fantomatica serie intitolata Gli occhi del cuore: ci sono il regista René, apparentemente entusiasta eppure intimamente scoraggiato da una situazione che premia chi fa le cose nel modo peggiore (il tormentone della serie sul “come si fanno le cose in tv” comprende una menzione a una parte anatomica del cane che qui non si può ripetere); la sua assistente Arianna (Caterina Guzzanti) che con pugno di ferro deve tenere sotto controllo le scenate dei primattori, le velleità autoriali di René e tutti gli imprevisti più sconcertanti; il delegato di produzione Lopez (Antonio Catania), il direttore della fotografia Duccio, la segretaria di produzione Itala; l'elettricista Biascica che ha come hobby quello di spaventare e tormentare gli stagisti (specie se non di provata fede giallorossa).
E ovviamente le prime donne della situazione: l'attrice Corinna che è assai più presa dalle sue vicende sentimentali che dalla serie, e che vuole nascondere in ogni modo la sua vera età; e l'attore Stanis, logorroico e convinto di essere il prossimo candidato al premio Oscar.
Un'ultima presenza è discreta ma centrale: quella del giovane stagista Alessandro, che guarda con disincanto il manicomio in cui è capitato, pur cercando di partecipare e di impararne i meccanismi (a differenza dell'altro stagista-schiavo, Lorenzo, oramai “bruciato” e completamente rassegnato a essere trattato malissimo da tutti).
Insomma, una rassegna di personaggi molto caricati, che potrebbero sembrare stereotipati se non fosse che la serie lavora sui cliché con un'ironia e un ritmo non da poco, e riesce a instaurare un rapporto molto interessante con l'oggetto su cui fa satira: non solo abbiamo citazioni da varie fiction che si sono viste sui nostri schermi, ma anche gli attori (il Pietro Sermonti di Un medico in famiglia su tutti, ne Gli occhi del cuore proprio nella parte di un medico) sono presi in prestito da alcune serie di largo consumo, e si sono prestati con molta autoironia a fare la parodia di sé stessi, a sperimentare.
Perché Boris in fondo rimane un esperimento: una serie agile, girata con pochi mezzi, che si basa su un'ottima scrittura (anche se le figure degli sceneggiatori sono fra le più bistrattate dagli autori!) e su citazioni e riferimenti al mondo del cinema e della televisione che sicuramente possono essere comprese da un pubblico smaliziato, giovane e “di nicchia” come quello che sceglie i canali satellitari invece che quelli generalisti, e che sa guardare con distacco ai meccanismi del mezzo televisivo. Se Boris infatti può essere un prodotto di punta per Fox – che infatti l'ha preannunciato con una pubblicità molto martellante – rimane il dubbio che possa funzionare sulle reti in chiaro, se non in qualche angolino della terza serata.
|
|
Eppure, si sa, anche gli spettatori più snob buttano l'occhio qualche volta a qualche programma trash tipo Gli occhi del cuore: è anche per questo che la serie ha presa, perché in fondo in molti sappiamo riconoscere nella recitazione da cani degli attori de Gli occhi del cuore qualcosa che abbiamo visto nei nostrani Vivere o Un posto al sole.
Resta però sempre la domanda: è così necessario coinvolgere gli spettatori televisivi a un gioco al ribasso che finisce per far credere che la televisione possa solo essere “fatta male” (come dice subito Lopez: deve essere più brutta della pubblicità, così la gente non cambia canale)? Oppure è possibile trovare degli spazi per una televisione di qualità, che premi la professionalità e l'intelligenza? Il pubblico continuerà a bersi di tutto, o maturerà (o forse sta già maturando)?
Queste sono domande destinate a non avere una risposta nell'immediato.
Vedremo che cosa ne pensano gli autori di Boris attraverso l'evoluzione del personaggio di Alessandro: scopriremo se saprà rimanere sé stesso senza farsi tritare dalla terribile macchina della fiction nostrana. O se ne fuggirà a gambe levate.
|
|