RITO, MUSICA E CANTO DAL MAGHREB
Venerdì 27 e sabato 28 aprile, il Teatro del Lido di Ostia ha ospitato musiche e canti folcloristici della Tunisia e del Marocco, portandoci così a diretto contatto con culture ‘altre’ rispetto alla nostra.
di Claudia Bruno
Sono stati due i gruppi ospitati dal noto teatro di cintura romano lo scorso week-end: gli Ikhwan al-Hadra dalla Tunisia, e i Gnawa Barbara dal Marocco, rispettivamente saliti sul palco del Teatro del Lido di Ostia venerdì 27 e sabato 28 aprile. Un impasto di vocalizzi e ritmi tipici delle cerimonie rituali e mistiche della cultura popolare maghrebina.

Noi abbiamo partecipato alla prima serata, e usiamo il termine “partecipare” perché assistere dal vivo a questo tipo di spettacoli implica necessariamente un certo grado di partecipazione, un minimo di predisposizione al dialogo inter-culturale che vada oltre lo stupore dell’esotismo della situazione.

Gli Ikhwan al-Hadra (I fratelli della presenza) ci hanno accolto con l’incenso e dopo averci lasciati qualche minuto al buio, sono entrati in scena alle nostre spalle in una processione mistica di buon augurio e protezione. Ci hanno girato intorno con le candele e coi tamburi e sono andati via di nuovo. Poi è iniziato il concerto.

Il gruppo di cantori uomini, guidato da Fakhreddine Yacoubi, affiliato alla confraternita Sulamiyya, comprende alcuni tra i più autentici esponenti della cultura musicale popolare della Tunisia. Una tradizione, questa, che occupa un posto fondamentale all’interno di cerimonie pubbliche e private, feste, riunioni, riti di passaggio.

Sono voci maschili e afone, private totalmente della presenza femminile, seriose nella ritmica incalzante in cui si incontrano per la celebrazione degli eventi. Il contesto cerimoniale è ricreato al dettaglio: dagli abiti (lunghe tuniche bianche o colorate) agli accessori, dalla scenografia agli incensi, dagli oggetti di rito (cibi, bevande, candele, bandiere) agli strumenti musicali (tamburi e nacchere di ferro).

Alla fine si dimentica quasi di trovarsi seduti in una sala teatrale, e si ha l’impressione di spiare qualcosa che sta succedendo e che pure non ci appartiene. Una cerimonia completa che si svolge come se noi non ci fossimo, in una lingua che ci è impossibile comprendere, con ritmi e intonazioni che ci è difficile immaginare. Poi, verso la fine, uno di loro attraversa lo spazio che ci separa, scende in mezzo a noi, ci offre piccoli dolci prima di perdersi in una danza ipnotica. Allora ci pare di vivere ormai in un altro mondo, e solo quando usciamo fuori ci accorgiamo di essere dietro casa.



(29/04/2007)