Definire “popolo tribale” è praticamente impossibile. Visto che possiamo non ragionare in termini legislativi, possiamo affidarci all’istinto, per cui un popolo tribale è un popolo che vive a stretto contatto con la propria terra d’origine, in un gruppo relativamente ristretto di rappresentanti, che preferisce evitare i contatti con le società “industrializzate” e mantiene caratteristiche culturali del tutto peculiari. E, soprattutto, in cui ogni membro ha rispetto per il mondo, vivente e non, che lo circonda.
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Si calcola che attualmente 60 paesi del mondo ospitino popolazioni tribali, per un totale di circa 400 milioni di persone.
Survival International è un’organizzazione mondiale il cui motto recita; “Aiutiamo i popoli tribali a difendere le loro vite, a proteggere le loro terre e a determinare autonomamente il loro futuro”. In pratica, Survival punta all’ottenimento non solo dei diritti alla vita e alla terra, ma anche all’autodeterminazione, la possibilità cioè di scegliere se mantenere le proprie tradizioni e lo stile di vita tribale, oppure inserirsi nelle società più industrializzate. Poter scegliere, o vedersi imposta una scelta, fa la differenza. Troppo spesso, infatti, i governi prevaricano i diritti di queste popolazioni che, non essendo registrate presso gli uffici statali, non sono in grado di difendere i propri diritti.
Questi popoli solitamente hanno un forte attaccamento spirituale alla propria terra e non comprendono lo stile di vita delle cosiddette “civiltà occidentali”, in quanto stressante, spesso subdolo e soprattutto alieno dal contatto con la madre-terra. Defraudati del loro bene più grande, questi popoli si disperdono, il tasso di suicidi sale vertiginosamente (si arriva fino a bambini suicidi all’età di 9 anni) e chi resta in vita si trova catapultato in una realtà del tutto aliena, in cui il concetto di soldi, progresso per come lo intendiamo noi e industria risulta completamente assurdo. Molti si danno alle droghe e all’alcool, e finiscono in completa miseria.
I popoli tribali sono spesso considerati primitivi. Vengono definiti “popoli arretrati”, “selvaggi”, o ci si riferisce alle società esterne alla loro come “civilizzate”, come se la loro non lo fosse.
Roy Sesana, leader dei Boscimani ha ricevuto il 9 dicembre 2005 il Right Livelihood Award, noto anche come Premio Nobel Alternativo. Durante il discorso per l’assegnazione del premio, Sesana ha dichiarato: "Conosco tante persone che sanno leggere le parole, e molti, come me, che riescono a leggere solo la terra. Sono importanti entrambi. Noi non siamo primitivi o meno intelligenti; viviamo esattamente nel vostro stesso mondo moderno”.
Survival crede molto nella forza dell’opinione pubblica. Per questo organizza numerose campagne informative, ma al contempo fornisce ai rappresentanti dei popoli tribali che rappresenta (ben 80 in 34 paesi diversi), la possibilità di affacciarsi sul palcoscenico mondiale, per ribadire la propria esistenza e, quindi, i propri diritti. Inoltre, rende note agli indigeni le intenzioni dei governi che li potrebbero riguardare, in modo che siano in grado, se lo desiderano, di iniziare una campagna pro o contro un determinato progetto. Non da ultimo, questa organizzazione finanzia piccoli progetti autogestiti, di carattere sanitario o culturale. Non impone, quindi, una cultura o un modo di fare le cose, semplicemente fornisce a chi li richiede i mezzi per ottenere ciò che desidera.
Attualmente, oltre alle varie campagne destinate alle singole popolazioni, Survival ha lanciato una campagna molto importante che riguarda il riconoscimento dei diritti dei popoli tribali indiscriminatamente a livello mondiale. A tal fine, la ILO (International Labour Organization), un’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di “promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne”, ha proposto una Convenzione denominata ILO 169.
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La Convenzione propone che venga riconosciuto il diritto di proprietà della terra ai popoli tribali, e che vengano consultati ogniqualvolta si intenda dare inizio ad un progetto di sviluppo, o debba essere varata una legge, che riguardi la loro persona o le loro terre. La 169 garantisce il riconoscimento delle loro tradizioni culturali, il loro diritto a mantenere le loro terre inalterate, ed è quindi uno strumento di fondamentale importanza.
La Dichiarazione dei popoli indigeni dell’ONU, bloccata tempo fa con l’opposizione di USA, Canada, Australia, Gran Bretagna e alcuni stati africani (solo per citarne alcuni), avrebbe in un certo modo già arginato il problema ma, trattandosi solo di una Dichiarazione, non avrebbe reso possibile sanzionare i governi che l’avessero ignorata.
La Convenzione ILO 169, invece, è vincolante per chi la ratifica e quindi la sua importanza diventa ancora maggiore. Attualmente, la ILO 169 è stata ratificata da 18 paesi, soprattutto sudamericani, ma comprendenti anche le europee Danimarca, Olanda, Spagna e Norvegia. Nessun altro dei paesi definiti “più industrializzati” l’ha ancora ratificata.
La Convenzione infatti non verrebbe applicata solo nei paesi in cui risiedono i popoli tribali, ma farebbe sì che un governo, prima di prendere parte ad un progetto “di sviluppo” in un altro paese, debba considerare le clausole imposte dalla Convenzione. Per questo molti paesi “occidentali” non si impegnano a firmare il patto. Sarebbero fuori da molti progetti internazionali “di sviluppo”, come la costruzione di dighe o di grandi arterie per i trasporti, che spesso passano nei terreni dei popoli tribali (visto che hanno poche possibilità di difendersi giuridicamente), costringendoli all’esodo.
La Spagna è stata l’ultima nazione europea ad approvare la Convenzione, anche grazie alle numerosissime lettere che i sostenitori spagnoli di Survival hanno scritto al proprio governo (che si è dimostrato fra l’latro sensibile anche ai diritti delle Grandi Scimmie con l’approvazione del Great Ape Project esattamente un anno fa). Ora tocca all’Italia approvare la Convenzione, quindi è il momento di darsi da fare e scrivere numerosissime lettere di incitamento ai nostri parlamentari.
Da un rappresentante del popolo Guaranì del Sud America: “Forse questa è l'ultima volta che possiamo ribellarci come tribù e far sentire la nostra voce”.
Per partecipare alla campagna ed inviare delle lettere (in formato cartaceo sono molto più efficaci), potete collegarvi al sito http://survival-international.org
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