TITOLO ORIGINALE: Saturno contro
REGIA: Ferzan Ozpetek
CON: Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Margherita Buy, Ennio Fantastichini, Luca Argentero, Serra Yilmaz, Ambra Angiolini, Milena Vukotic, Isabella Ferrari
ITALIA 2007
DURATA: 110’
GENERE: drammatico
VOTO: 4
DATA DI USCITA: 23 febbraio 2007
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Davide e Lorenzo fanno coppia e convivono ormai da un po’. I due sono soliti organizzare spesso nella loro casa delle cene, imbastendo delle lunghe tavolate, alle quali partecipa tutta la loro ristretta cerchia di amici intimi. C’è Angelica, una psicologa sposata con Antonio, Nival, un’interprete turca sposata con Roberto, Sergio, l’ex compagno di Davide e Roberta, una ragazza che lavora con Lorenzo e che ha problemi di droga. Ma un evento tragico irrompe all’improvviso durante una delle tante serate trascorse insieme, mettendo l’intero gruppo di persone davanti a delle riflessioni esistenziali.
Un film statico, reazionario, che non porta nulla di nuovo al dibattito culturale italiano; men che meno alla settima arte, semmai il paradosso di equivoci artistici che la pellicola mette in scena abbia mai preoccupato Ferzan Ozpetek. Perché un film riuscito dovrebbe tendere verso le vette polisignificative dell’opera d’arte, dovrebbe inventare nuovi procedimenti per eternare il mistero di quell’alterità assoluta di senso che trascende la quotidianità circostante. L’intento del regista italo-turco è, invece, quello di mettere in scena la vita quotidiana di un gruppo di amici –partendo sostanzialmente dalla propria esperienza personale- con tutto il corollario di controversie che accendono il dibattito politico italiano attuale.
L’amore omosessuale, i diritti dei conviventi non sposati, l’eutanasia, la cremazione, l’ipocrisia dell’istituto matrimoniale. Bisogna quindi tradire le istanze artistiche che qualcuno, come il sottoscritto, spera di soddisfare nella visione cinematografica e portarsi al livello delle analisi sociali che il film vuole evidenziare. La valutazione delle quali è francamente negativa. Tutto quanto il film si riduce ad una serie scontata di rapporti all’interno di un piccolo nucleo familiare. Aldilà di una disattesa aspettativa - troppo personale forse e che tuttavia il titolo scelto evoca - sulla riflessione cosmologica e su come questa influisca ineludibilmente nell’esperienza umana, manca totalmente un’introspezione nel carattere dei personaggi, un approfondimento psicologico che sciogliesse eventuali ambiguità di partenza.
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Invece tutto è abbastanza chiaro sin dall’inizio, tutto si palesa senza mistero durante il film e senza l’universalità di significati che, in determinati momenti di un melodramma, sono necessari per evitare il piattume che, altrimenti, questo antropocentrismo televisivo provoca. Inquadrature reiterate di volti che sbuffano, che piangono, che si imbarazzano, sequenze di situazioni domestiche ripetitive, monotone, senza sostanza, che non hanno nessun impulso vitale, nessun senso profondo di essere riprese. Così come, a meno che non ci si voglia ancora impantanare con il bigottismo e l’ipocrisia dell’attuale cultura italiana, tutti i presunti problemi sociali, sui quali il regista vuol dire la sua, sono trattati in maniera conformista e reazionaria. Aldilà dell’apparente facciata di progressismo sociale, la scontatezza di valori come il legame di coppia o l’istituzione familiare, seppur allargata, o l’utilità dell’amicizia come antidoto alla precarietà della vita ed alla fragilità dell’individuo sono discorsi triti e ritriti.
Così come ovvia è la constatazione che l’attrazione fisica non possa essere monogamica. Ma risolto il tutto con le banali constatazioni, politicamente corrette, che anche gli omosessuali sono delle persone come gli altri e che, alla fin fine, ci si accontenta umilmente di quello che si ha e se ne fa tesoro, non c’è nient’altro. E l’evento tragico che spacca in due il film non fa altro che mostrarci, nella seconda parte di Saturno contro, che ognuno reagisce diversamente al cospetto del dolore e che, pur con difficoltà, il dovere di chi resta è andare avanti, cercando di sopravvivere con le proprie piccole certezze. Anche questo scontatamente rassicurante. Se è tutto qui, questo laicismo modernista è poca cosa, in assoluto. A meno che non ci si compiaccia di essere migliori dell’oltranzismo oscurantista di determinati poteri temporali. Ma questo non rappresenta una grande soddisfazione, soprattutto per un cineasta, un intellettuale, che, se proprio non vuole interessarsi all’arte, dovrebbe essere comunque all’avanguardia come sguardo sulla società e come forza trainante di sistemi sociali possibili.
L’unico colpo di cinema interessante del film è l’avvolgente carrello finale che tende a sottolineare le precarie individualità umane, anche se la voice off sembra stonare con il senso delle immagini e con l’immanenza terrena del film, ma, forse, anche quest’ultima scelta è in linea con un ateismo moderato e politicamente corretto.
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