LA RICERCA DELLA FELICITA'. QUANTO CONTANO LE DONNE
Nei due film più visti degli ultimi quindici giorni spiccano i temi dell’amore e della famiglia. Con prospettive ed esiti assai diversi.
di Daniela Mazzoli
Due film, due donne, due brevi riflessioni. ‘La ricerca della felicità’ di Gabriele Muccino e ‘Balboa’ di Sylvester Stallone. I protagonisti sono due esempi, solo apparentemente simili, di come si realizza il sogno americano.

Chris Gardner è un uomo in difficoltà, che ha investito le speranze sul proprio futuro in uno speciale macchinario molto costoso e difficile da vendere. Rocky Balboa ha dato pugni su quarti di bue mettendo in gioco la propria forza fisica e di volontà per arrivare al riconoscimento e al successo.

Una cosa soprattutto distingue e divide inesorabilmente il destino dei due ‘eroi’: le donne che li accompagnano nel percorso a ostacoli dell’esistenza. Gardner, che pure ha dato inizio alla relazione con Linda invaso dall’entusiasmo e dai migliori propostiti, ha visto anno dopo anno assottigliarsi le speranze di una vita all’altezza dei più comuni desideri.

Nessun lavoro redditizio, nessuna casa accogliente, nemmeno i soldi per l’affitto del mese, neppure un asilo decente per il piccolo Christopher. La donna è esasperata, dice di non essere più felice e di non riconoscere più un proprio ruolo nella vita del marito.

Troppi turni straordinari al lavoro per mandare avanti la baracca, troppe delusioni nella gestione della vita familiare, troppi di quei macchinari invenduti che affollano la casa. E così molla tutto, tutti, per andare a fare la cameriera a New York e ricominciare a sperare, a sognare un destino migliore.

Rocky, invece, ha accanto Adriana, che lavora in un negozio di animali e non sa neppure cosa sia la felicità senza il suo uomo che la fa ridere con battute sceme. Il mestiere di Rocky non è una garanzia di benessere per nessuno se non praticato ad alti livelli e da un giorno all’altro si rischia di morire, letteralmente, schiantati da un pugno avversario.

Ma Adriana non cerca di convincere Rocky a restare nelle sue ghiacciaie a sistemare carne morta, né a trovarsi un lavoro più tranquillo, a basso rischio e per la serenità familiare. Adriana se lo prende tutto il carico di un uomo fragile, fallibile, senza nessuna garanzia di successo.


Adriana piange e soffre ogni minuto sotto il quadrato del ring e sente sulla sua faccia ogni gancio incassato dallo stallone italiano. Linda, invece, ha una percezione individualistica della felicità, non crede nel proprio uomo, ne svilisce continuamente – e forse comprensibilmente - la forza, le intenzioni, il coraggio, la visione del futuro. Ha perso la stima e con essa l’amore.

Anche gli uomini di questa ricerca di felicità sono assai diversi. Adriana se ne va e non torna più, muore e lascia solo Rocky con gli anni tristi e bui di una carriera ormai al tramonto. Rocky vive nel ricordo di lei, con tanti fantasmi interiori da combattere e una storia da cui non riesce a congedarsi.

Il nome del ristorante che ha aperto porta il nome di Adriana e tutti conoscono la donna che è stata e che gli ha vissuto accanto. Rocky è esistito grazie alla sua forza, non solo ai propri sforzi. Gardner raggiunge i propri obiettivi con tenacia e senza mai cedere. Diventa protettivo, veloce, si adatta a tutte le difficoltà, a ogni situazione: anche la più incredibile, anche la più umiliante.

Eppure, bambino tra le braccia a parte, è solo. Vincente ma solo. E’ lì, sul suo quadrato, che ha vinto contro il peggiore degli avversari –un impietoso sistema sociale americano - e non ha nemmeno un nome tra le labbra da gridare, nessun volto da cercare nella folla, nessuna donna che lo abbia voluto per quello che era e non per quello che avrebbe ottenuto dalla vita. Ci sono solo due modi di cercare la felicità, per conto proprio o per qualcun altro. Ciò che li separa è l’amore.


(23/01/2007)