Ho sentito giovani donne affermare che diventare madri avrebbe segnato la loro decadenza fisica, che avrebbe comportato una sorta di emarginazione dal mondo erotico, che, nel caso avessero deciso di diventarlo, sarebbe stato “dopo”. Dopo la laurea, dopo un lavoro stabile, dopo l’uomo giusto, dopo la casa adatta, dopo il divertimento, dopo la libertà. Dopo.
Ho visto donne confrontarsi ossessivamente con l’impossibilità biologica di concepire una vita, altre battersi per più corrette interruzioni volontarie di gravidanza, altre ancora abbandonare la propria creatura ai margini della strada.
Che si tratti di diritto all’aborto o di fecondazione assistita, di trafile burocratiche per l’adottamento o di pillola del giorno dopo, oggi, come trent’anni fa, le donne portano avanti battaglie quotidiane e mediatiche.
Ma - c’è da dire - oggi, più di trent’anni fa, vivono in modo conflittuale la condizione e il concetto stesso di maternità. Ci sono donne che lottano semplicemente per sentirsi madri, ci sono madri che uccidono. La maternità, in un senso o nell’altro, è diventata un complesso.
Ma cosa può significare maternità oggi? Dopo la parità dei sessi c’è ancora spazio per una concezione davvero libera della femminilità? E, se non si riesce ad essere donne, come si fa ad essere madri? Ci sembra il caso di chiedercelo, perché non possiamo sottrarci al richiamo ancestrale della natura, come non possiamo ignorare il significato più esteso che il termine maternità ci evoca: quello della maternità universale, della grande madre terra che tutti ci tiene, vivi e morti, nel suo grande ventre.
Nel corso del dossier proveremo a dare risposte dai più svariati punti di vista, a recuperare questo archetipo, ripulirlo dalle costrizioni che le convenzioni sociali hanno alimentato nei secoli, per viverlo nella dimensione più primitiva, spontanea, originale; da madri e da figli, da donne e da uomini.
Certo, è un po’ difficile farlo da qui. Siamo nati in un mondo dove la madre per eccellenza è una santa vestita d’azzurro che non ha mai fatto l’amore. Siamo cresciuti ossessionati dal complesso edipico e dalle paranoie femministe. Ora viviamo frenetici pensando che la soluzione di tutto siano la carriera lavorativa e la chirurgia estetica.
Forse le società matriarcali avrebbero qualcosa da insegnarci a proposito, o forse basterebbe un po’ più di leggerezza: la schiuma dello Shampoo di Gaber, per esempio, una mamma enorme che ti accarezza la testa quando sei triste e stanco.
Una “leggerezza insostenibile” nel prendere coscienza che la maternità è una condizione che va reinventata alla luce dei nostri tempi, non semplicemente messa da parte, che non può diventare un impedimento, né tanto meno un complesso, e soprattutto, che non passa di moda.
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