Credevo ci volesse molto di più per essere felici! E invece bastano appena due ore e un centinaio di euro. Poi serve un indirizzo e arrivare puntuali. A Roma, per esempio, ce n’è uno in Via Plinio, ma suppongo se ne trovino in quasi tutte le città d’Italia. La cosa migliore sarebbe andarci a fine giornata, una delle solite, tanto per capirci: di quelle passate in ufficio a chiedersi cos’è che dovevamo poi fare nella vita e a un certo punto ci siamo distratti e dimenticati.
Dopo essersi spogliati dei propri vestiti ‘civili’ si indossa un piccolo slip e una enorme vestaglia di cotone. Si scendono delle scale, ci si siede su un divano ovale e si beve una tisana(disintossicante, depurativa, drenante…). Si viene accompagnati in una stanza quadrata, al centro della quale c’è una specie di altare di marmo: una piattaforma su cui ci sia sdraia, a pancia in su, praticamente nudi. Non si vede nulla perché il vapore è ovunque, parte e arriva fino al soffitto, dove si intuiscono appena delle piccolissime luci, in soccorso dei claustrofobici, credo.
Già a quel punto, quando si viene lasciati soli per circa venti minuti, ci si rende conto che la vita può avere non dico sfumature ma tracce, percorsi, orizzonti del tutto diversi da quel che crediamo. Sarà quella specie di nebbia in cui ogni pensiero diventa per un attimo lecito, sarà che si suda quasi tutto escluso l’anima ma pian piano si comincia a sentire il proprio corpo non come un peso ma come una sostanza.
E’ allora che arriva la donna marocchina (o giù di lì), in costume anche lei, munita di due secchi e un guanto di crine: è venuta a scartavetrare. Non si ha idea di cosa ci portiamo addosso finchè quella specie di ancella non ci strofina ogni parte sensibile del corpo. Un paio di secchiate d’acqua e si ritorna come bambini, la pelle all’improvviso non oppone ostacoli a una mano che l’accarezzi.
Lei, la marocchina con gli occhi bistrati, ci lava anche i capelli (una cosa d’altri tempi, perché il parrucchiere non lo fa mica nello stesso modo). Muniti di un costume fittizio, fornito dall’azienda, si entra nel cunicolo, le vasche. E’ una piscina, un corridoio riempito d’acqua calda con stelle sul soffitto e musica ovviamente orientale che accompagna il totale silenzio in cui si è immersi.
Un po’ di vasca calda e un po’ di vasca gelida, così, a ricordarci che il piacere è sempre accompagnato da qualche breve sofferenza, che per provarlo bisogna forse aver anche patito. Insomma, il gelo ci risveglia e il caldo ci dilata la mente. Dicono che così il corpo ritorna elastico.
A parte questo è un desiderio che si realizza… Chi non ha sognato da bambino di avere una super vasca gigante, con l’acqua bassa da poterci quasi nuotare ma senza sforzo, da poterci andare a passeggio usando solo le mani? Anche lì solitudine e silenzio e una femminilità riscoperta, che non ha niente a che vedere con le estetiste, gli elettrodi sulle gambe, le unghie ricostruite, le tinte e le messe in pieghe: una femminilità più intima, primitiva, che non ha punti di riferimento, termini di paragone, ansie di perfezione.
Si chiude ovviamente con un massaggio, magari arabo, eseguito da mani leggere e veloci con oli molto profumati.
Si esce da queste due ore coi riflessi modificati: si parla al rallentatore, non ci si rende conto di chi ti ruba il parcheggio e del traffico serale del rientro. Ormai abbiamo appena sei anni, il nostro corpo ha fatto un salto indietro. E in un altro senso ne abbiamo settanta, perché il nostro livello di meditazione è salito di qualche gradino.
Con queste cose non bisogna neppure esagerare, basta una volta al mese, senza fare troppo rumore. E poi si ritorna contenti, spero almeno per un paio di giorni.
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