Artista maledetto e grande provocatore: questa l’immagine che Serrano ha sempre dato di sé. In realtà, ad un’analisi più approfondita, la sua opera appare complessa e ricca di sfumature. Genio ribelle per eccellenza, Serrano esprime la sua critica nella sottile dicotomia che sottende le sue immagini fotografiche, patinate e perfette, terrificanti e trasgressive, rifiutando le finzioni del mondo contemporaneo e illustrandone i turbamenti interiori e le manie.
Dai suoi esordi – agli inizi degli anni ottanta – fino ai giorni nostri, le fotografie di Andres Serrano (New York, 1950) non hanno mai smesso di rappresentare i temi più controversi e polemici del convulso mondo in cui viviamo. La religione, il fanatismo, la corporeità, la xenofobia, la malattia e la morte, sono stati oggetto della sua meticolosa attenzione in serie come Bodily Fluids, The Morgue, Nomads, Ku Klux Klan, The Church, A History of Sex…
Ciò che sembra una forma di provocazione si manifesta come una vocazione: quella di trattare temi e problematiche che ci riguardano come esseri umani attraverso immagini che si distinguono, inoltre, per la loro bellezza. La bellezza è una componente essenziale del lavoro di Serrano. Attraverso di essa, l’artista intensifica la tensione che seduce lo spettatore con il fascino proibito dei temi tabù. L’efficacia delle sue immagini trova riscontro nei meccanismi della pubblicità: il ricorso ad una illuminazione dichiaratamente caravaggesca, i colori accesi, la precisione dei titoli, e, soprattutto, l’uso di un linguaggio breve, ma sempre eloquente.
Serrano non ha un interesse specifico per il processo fotografico; è, piuttosto, un formalista che si identifica fortemente con la tradizione e con i grandi maestri della pittura barocca, definendosi un artista religioso del passato con idee contemporanee. Le sue composizioni sono rigorose e i simboli allegorici appaiono in ognuna delle sue serie fotografiche. Costruisce elaborati tableaux, che adottano la qualità e il virtuosismo manierista dei grandi dipinti seicenteschi. Serrano non censura mai le sue foto e non scende mai a compromessi.
Muovendosi sulla sottile linea che separa il sacro e il profano, il morale e l’immorale, il lecito e l’illecito, l’opera di Serrano ha evitato i limiti del puro decorativismo. L’artista travalica i confini del permissibile – tanto nell’ambito personale quanto in quello sociale – per adescare e sorprendere gli spettatori, mettendoli a confronto con immagini che, come primo impulso, farebbero chiudere gli occhi se non fossero presentate in modo bello e pittorico.
E’ un’antologica che non coglie totalmente tutti gli aspetti della controversa produzione di Serrano per mostrare l’evoluzione stilistica che l’ha portato a perfezionare il suo neomanierismo e ad incrementare la ricchezza cromatica dei suoi ultimi lavori.
Debitore di una fotografia pesantemente influenzata da alcuni maestri indiscussi degli anni ’80, crea una sorta di claustrofobia compositiva che rinchiude i soggetti all’interno di uno spazio che non è solo fisico ma anche mentale.
La serie di immagini che ha scattato dopo l’attacco delle 2 torri sottolinea questo concetto creando una “bolla” concettuale dove rinchiude alcuni degli stereotipi statunitensi rendendoli in qualche modo epici e consegna in qualche modo all’eternità un popolo non più invincibile.
Di fatto, Serrano ha confessato che il suo obiettivo come artista è sempre stato quello della bellezza: “Credo che sia necessario cercare la bellezza anche nei luoghi meno convenzionali o nei candidati meno insospettabili. Se non incontro la bellezza non sono capace di scattare alcuna fotografia”.
|
|