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LA SCONOSCIUTA
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TITOLO ORIGINALE: La sconosciuta
REGIA: Giuseppe Tornatore
CON: Xenia Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Piera Degli Esposti, Alessandro Haber, Clara Dossena, Angela Molina, Pierfrancesco Favino, Margherita Buy
ITALIA 2006
DURATA: 118’
GENERE: Drammatico
VOTO: 7,5
DATA DI USCITA: 20 ottobre 2006
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di Giancarlo Simone Destrero
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Trieste. Irina è una ragazza ucraina che sta cercando lavoro come domestica. La sua vita è segnata da ricordi violenti e burrascosi, legati al mondo della prostituzione. La donna riesce ostinatamente ad insediarsi all’interno di un condominio, spinta da motivazioni fortissime e misteriose. E’ qui che lei ritiene ci sia la chiave per chiudere i conti col proprio passato…
Un film cupo, spietato, abissale. Forse la realtà delle ragazze dell’est è inevitabilmente questa e chiunque di loro voglia espatriare, per migliorare il proprio stato sociale, deve espiare il proprio peccato originale.: quello di essere giovani donne, piene di buoni propositi, ricche di speranza.
Lo scontro con la realtà sarà invece infernale. Il film di Tornatore evidenzia tutta la crudeltà insita nell’esistenza umana, che si manifesta nelle strutture clandestine della vita sociale, nella malavita organizzata che sfrutta i corpi delle belle ragazze a beneficio di quella borghesia che le si dichiara nemica. L’incipit de La sconosciuta ci proietta subito in un mondo sotterraneo, in una realtà torbida di corpi mercificati, che sono gli stessi che popolano poi le periferie cittadine.
I corpi nudi osservati, usati, le maschere spersonalizzanti e l’atmosfera altera al limite della consueta dignità umana, rimandano col pensiero ad Eyes Wide Shut. Nel film di Kubrick, però, la perversione è un diversivo dalla rettitudine familiare di agiate coppie eterosessuali, qui invece somiglia più ad un macello dove delle bestie feroci accumulano inconsapevoli bestie spaurite per poi venderle al mercato.
Un carnaio che il regista siciliano viviseziona accuratamente. E così il film ci mostra le violenze che Irina doveva subire dal suo sfruttatore, gli abusi che doveva sopportare per non essere picchiata. Improvvisi nella sua vita, così come sullo schermo alternati ad un suo primo piano, sono i flashback che le riaffiorano alla memoria.
Costrizioni sessuali, maltrattamenti fisici ed anche privazioni sentimentali. Perché in tutta questa reale allucinazione che Irina vive in Sicilia, prima di trovare la forza per tentare di fuggire, la ragazza ha una tenera storia d’amore e riesce a progettare un futuro con un uomo che la ama e che vorrebbe toglierla dalla strada.
Il problema è il suo sfruttatore, un ripugnante Michele Placido, che non appena fiutato la volontà della ragazza trova la soluzione più semplice per eliminare qualunque velleità di ribellione. Questa la goccia che fa traboccare il vaso. Irina, non appena scoperto il cadavere dell’amato, medita la sua vendetta e riesce ad allontanarsi momentaneamente da quell’inferno, dopo aver ferito quasi mortalmente Muffa, il suo pappone. La spietatezza e il viscidume di questo mondo sono un generatore di violenze e di spregiudicatezze, che si ripropongono come da contrappunto noir anche fuori da quella stretta vicenda.
Una caduta dalle scale paralizzante, più o meno indotta, un incidente automobilistico mortale, un pestaggio atroce in piena notte palesano un mondo pericoloso dove il tunnel della tragedia può essere imboccato da chiunque, in qualunque momento. Una tranquillità precaria dove la disgrazia è sempre dietro l’angolo.
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Allo stesso tempo, la cosa che rende più inquietante il film è la difficoltà a morire, la forza di sopravvivenza fisica nonostante le fatiche, quando la morte potrebbe essere l’unica salvezza, una fuga da quest’incubo. Muffa, ferito profondamente con le forbici da Irina, ritorna sulla scena seppur con problemi respiratori.
Gina, la domestica che cade dalle scale, rimane immobile su una sedia a rotelle. Irina esce fuori tumefatta da un pestaggio che avrebbe potuto ucciderla. Tornatore sottolinea visivamente l’angoscia di questa situazione con degli interni sempre in chiaroscuro, con il grigiore invernale di una città come Trieste.
Tralaltro nelle azioni volte a risolvere il proprio passato, la protagonista agisce sempre in situazioni notturne tenebrose dove il mistero sulla sua vita, che accompagna lo spettatore, è reso più fitto dal buio incombente sullo schermo. Il vero nodo della questione narrativa è il rapporto che Irina riesce a stabilire con Tea, la figlia della famiglia a cui farà da domestica. Questo svelerà anche le cause profonde che hanno mosso Irina nella sua ricerca di senso su un passato che le ha rubato la sua dignità più profonda, il senso della sua femminilità.
Un passato che l’ha vista regalare a molti la felicità privandosi inesorabilmente della sua, vittima di un rapporto coercitivo di disumane attenzioni di cui l’atto prostitutivo costituisce l’aspetto più decente della vicenda.
Nonostante tutto però, Irina vuole ricominciare e utilizzare il tempo che le rimane per costruirsi una vita, o qualcosa di simile, per dare amore e attenzioni alle altre persone, come fa con Tea. La bambina, infatti, è vittima di piccoli soprusi da parte dei compagni di scuola. Nelle attenzioni, negli sproni a reagire, che Irina dà alla piccola, c’è tutta la sua volontà di riscatto. L’orgoglio e la forza vitale di madre, di donna, di essere umano tradito dal male profondo della vita.
Eppure, dopo aver pagato il carissimo prezzo di una vita sbagliata, Irina è ancora mossa dalla speranza di un rapporto vero, di un sentimento positivo, ed il film si chiude su un suo primo piano sorridente.
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(31/10/2006)
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