La presenza dell’attore americano richiama la folla come non mai. Verso le cinque, arrivando in Via Pietro De Coubertain, sembra che la gente stia sfollando dalle sale, tale è il flusso che t’investe controcorrente. Invece, sono solamente i curiosi o le persone che hanno provato ad acquistare un biglietto all’ultimo minuto, che è impossibile da trovare. Si arriva all’ingresso della Sala Sinopoli e un serrato blocco di persone è lì, assiepato. La maggior parte è sprovvista di biglietto ed attende un colpo di fortuna, un improbabile accesso o qualcosa che le permetta di poter assistere all’incontro con De Niro in extremis.
Tant’è che bisogna divincolarsi maldestramente per un po’, prima di farsi strappare il biglietto e poter salire le scale d’ingresso. L’attore è mediato sul palco da Vincenzo Mollica ed arriva all’incontro col pubblico dopo avere ritirato il passaporto che gli da la cittadinanza italiana. L’idea è quella di commentare insieme a lui tre sequenze tratte da altrettanti suoi film, che vengono proiettate sul grande schermo.
La prima è la famosa scena di Taxi Driver, dove Travis Bickle si allena davanti lo specchio con la pistola in mano per essere più minaccioso. Sequenza. Applausi. Dal pubblico si leva anche qualche incoraggiamento vernacolare. Come dire bentornato a casa Bob. L’attore sembra essere emozionato, quando risponde alle domande dei moderatori: ” E’ passato così tanto tempo che non credo di ricordare. C’era una sceneggiatura di ferro in questo film, ma in alcune scene, come quella appena vista, ci fu molta improvvisazione. Ora non riesco a ricordare però quali fossero le cose improvvisate. Una cosa è certa, per me è sempre imbarazzante rivedermi. Il passaporto italiano è un cerchio che si chiude, si compie il destino della mia famiglia, delle mie origini italiane. E’ come se fossi tornato a casa. Non vedo l’ora di farlo vedere ai miei figli. I miei genitori, entrambi pittori, mi hanno sempre sostenuto nel diventare attore. Forse l’essere artisti ha influito sui loro atteggiamenti nei miei confronti. Non hanno mai valutato negativamente questa mia decisione. Mi hanno molto aiutato.”.
Scatta la seconda sequenza, è quella di Toro Scatenato dove Jack La Motta perde il titolo di campione del mondo. La domanda è sul suo perfezionismo, sul suo metodo attoriale: ” Non dico che debba essere applicato sempre e comunque, ma credo che valga ancora come discorso. Il libro dal quale è stato tratto il film, mi fu dato mentre ero a girare Novecento con Bertolucci. Dopo averlo letto chiamai subito Martin Scorsese perché, anche se non era un capolavoro della letteratura, mi colpì la grande passione, il grande cuore che c’era in quel libro. M’interessava la storia di un pugile che cadesse a pezzi, che fosse fuori forma, nella parabola discendente della sua carriera eppure ancora così appassionato, così attaccato al suo mestiere. Una volta incontrai La Motta, mi ricordo questa sua immagine in soprappeso, mi è sempre sembrata interessante.”
La terza sequenza è tratta dal film Terapia e Pallottole. Viene chiesto a De Niro come un attore drammatico possa risultare bravo anche in ruoli comici, e non si può non citare Jerry Lewis, che ha lavorato con lui in Re per una Notte di Scorsese. ” Non saprei. Io mi sono divertito molto a fare personaggi quasi caricaturali, aldilà della realtà. Mi sono sempre divertito a fare delle commedie, ma secondo me anche nei film di Scorsese ci sono momenti molto ironici. Per quello che riguarda Jerry, siamo stati fortunati ad averlo in quel film. Penso a lui, a quella sua interpretazione e dico: straordinario e perfetto, nient’altro.
De Niro presenta poi al pubblico italiano un trailer di otto minuti del suo ultimo film The Good Shepard. Un film di spionaggio internazionale, che parte dalla seconda guerra mondiale per arrivare fino alla caduta del muro di Berlino. L’attore lo presenta come un dramma familiare. Il film uscirà a Dicembre negli Stati Uniti e l’anno prossimo in Italia.
In conclusione Bob risponde a delle domande poste dal pubblico: ” Ai giovani attori consiglio semplicemente di fare quello che si ama fare, se poi si riesce anche a guadagnare tanto meglio. Ma questo purtroppo non è automatico. Per quello che riguarda la regia, ricordo quando venti anni fa presentai un progetto che avevo ad Elia Kazan. Egli mi disse: fallo adesso! Fallo finche hai la forza. Effettivamente il regista è un mestiere che non ti da respiro. Io e Scorsese abbiamo un bellissimo rapporto. Sono stato molto fortunato ad iniziare a lavorare con lui e vorrei girare altri film insieme, prima che si diventi troppo vecchi per stare in piedi. Adoro tutti i personaggi che ho fatto nei film di Martin, con lui è uno spasso lavorare, è divertente perché ha sempre voglia di esplorare nuove cose. Come regista devo dire che sono molto meticoloso nella scelta del casting, per me è fondamentale. Per questo mio ultimo lavoro le ricerche sono iniziate sette anni fa. Essendo un attore anche io, forse si riesce ad arrivare ad un grado di complicità superiore con gli attori dei miei film, rispetto al rapporto medio che c’è tra regista ed attore. A volte basta uno sguardo, un cenno e subito ci s’intende. E’ giusto lasciare ad un attore la totale libertà espressiva se egli coglie l’essenza del personaggio. Bisogna poi cercare di inquadrare l’interpretazione nel contesto del film.
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