BELLA COME UNA DEA
AFRODITE, SIMBOLO DI ETERNO SPLENDORE

Dalle profondità del pensiero religioso emerge Afrodite, la Dea della Bellezza e dell’Amore, che emana in eterno il suo potente splendore…
di Donatella Cerulli
I molteplici appellativi attribuiti ad Afrodite (Pandemia, Dea dell’Amore terreno e Urania, Dea dell’Amore celeste; Skotia, Oscura; Melenide, Nera; Androfone, Omicida; Epitimbria, Dea delle Tombe; Persephaessa, Regina degli Inferi; Pelagia, Marina; Ericina, Regina dell’Erica; Antheia, Dea dei fiori; Apostrofa, Sviatrice…) e le tante piante e i tanti animali che le erano sacri (rose, melograni, mirto, papaveri… il delfino, la colomba, il passero, il cigno, la pernice, la seppia…) dimostrano che ella dominava su una sfera di potenza amplissima, propria ed esclusiva della Grande Madre del Neolitico.

Venere, l’Afrodite romana, era per l’appunto una diretta manifestazione delle Grandi Madri latine: Flora, Poma, Cerere… Giulio Cesare le innalzò un tempio onorandola come Venus Genitrix, Madre della gens Iulia e di Roma – così come fu attestato definitivamente in epoca augustea da Virgilio nell’Eneide – e ogni donna romana si sentiva discendente di Venere.

A Roma la Dea era Colei che dava le leggi all’universo, era la Regolatrice, era Colei attraverso la quale tutto si manifesta, come la cantò Ovidio:
«Certo ella è la più degna, regge l’intero universo e non è il suo potere minore di quello degli altri Dei. Ella dà le leggi al cielo, alla terra, alle onde native e la sua presenza ogni specie conserva».

Per i Latini Venere era la Signora della Morte e della Vita ed infatti il mese a lei dedicato era Aprile (dal lat. aperire, aprire), così chiamato fin dai tempi di Romolo perché è il mese che, allora come oggi, chiude le porte dell’Inverno (la Morte) ed apre quelle della Primavera (la Vita).

Non si conoscono religioni misteriche imperniate specificamente sul culto di Afrodite anche se sappiamo che in Grecia si costituirono numerose associazioni religiose che riuscirono a mantenere segreti i loro Misteri, celebrati mediante riti della fecondità e della prostituzione sacra; infatti, secondo i principi rituali del culto della Dea Madre, la prostituzione donava la verginità spirituale conferendo alla cortigiana consacrata l’anonima divinità di Eros.

Platone, nel Convivio, parla di una “Religione della Bellezza” nella quale il protagonista è Eros, figlio di Afrodite.
Il grande filosofo ateniese ci tramanda che l’Amore è una vera e propria via iniziatica e che non esiste iniziazione se non è presente Amore. Egli ci dice ancora che solo seguendo le orme di Eros l’anima incontra ovunque la Bellezza.
«Si comincia dalle tante cose belle che sono intorno a noi e poi, guidati dall’Amore per la Bellezza si sale come per una scala: da una cosa bella poi ad un’altra e poi da due a tutte le altre forme concrete e poi a quelle astratte e, infine, a quelle che si chiamano scienze; fino a che non si giunge alla scienza delle scienze, che è la Bellezza».

Nel pensiero greco arcaico il concetto di Bellezza, tramandatoci da poeti come Omero ed Esiodo, comportava alcuni caratteri, quali la luminosità e lo splendore del sensibile, che rimasero determinanti per tutta la tradizione successiva e che furono poi arricchiti di ulteriori elementi: simmetria e proporzione, forza di persuasione, capacità di attrarre ma anche di ingannare come attesta il potere che Afrodite, la Bellezza, esercitava su ogni cosa, su ogni essere vivente e persino sugli stessi Dei.
«All’impeto violento di Ciprigna l’uomo non può resistere; soave si fa la dea a chi le cede, ma se trova l’ostinato e altezzoso, lo tratta con inaudita durezza», scrive Euripide nell’Ippolito, mentre Omero precisa che «Ella fa smarrire la ragione anche a Zeus che ama il fulmine, lui, il più grande degli dèi…».
Ai versi dei grandi cantori dell’antichità non troviamo nulla da aggiungere per descrivere ulteriormente la sacralità e la potenza creativa e generativa di Afrodite, la Grande Madre dell’Amore e della Bellezza.

Ci piace pensare, tuttavia, che uomini e donne del nostro tempo, nel loro affannoso e nevrotico scrutarsi allo specchio in cerca “dell’ultima ruga”, possano ancora vedervi riflessa l’eterna Luce della Dea, quello stesso potente splendore che fece esclamare a Platone: «E semmai, o Socrate, c’è nella vita un momento in cui si vive veramente, questo è quando si contempla la Bellezza».


(22/09/2006)