Un operaio tedesco, occupato in Siberia, è consapevole del fatto che la sua posta verrà letta dalla censura ed inventa un codice con i suoi amici per aggirare il problema: se la lettera verrà scritta con l’inchiostro blu sarà veritiera, se scritta con inchiostro rosso sarà falsa. Dopo un mese, gli amici dell’operaio ricevono una lettera scritta con l’inchiostro blu: “Qui è tutto meraviglioso, i negozi sono pieni di merci, il cibo è abbondante, gli appartamenti sono grandi e ben riscaldati, nei cinematografi si proiettano film occidentali, ci sono ovunque belle ragazze disponibili per un’avventura. L’unica cosa che non si trova è l’inchiostro rosso”.
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Esordisce così Slavoj Zizek nel suo testo “Benvenuti nel deserto del reale” dove sostiene che il crollo delle Torri Gemelle quell’11 settembre 2001 che tanto è rimasto nelle menti di tutto il mondo sia, in realtà, la realizzazione di una fantasia distruttiva ricorrente nella letteratura e nella cinematografia marcata Usa. E poiché la fantasia è diventata realtà, abbiamo creato attorno all’evento un’altra forza mediatica (guardando le scene del crollo fino all’esasperazione) come a volerci convincere che si tratta soltanto di un altro film.
Con la barzelletta riportata nel sommario, in voga nell’ex Repubblica Democratica Tedesca, Zizek vuole quindi sottolineare come l’effetto di verità prodotto sia indipendente dall’effettiva verità letterale. Questa, secondo l’autore, è la matrice di una critica ideologica efficace: in una censura non totalitaria ma liberale, come quella in cui viviamo, siamo liberi perché ci manca il linguaggio per esprimere la nostra mancanza di libertà. La nostra attuale mancanza di inchiostro rosso sta nel fatto che le libertà di cui godiamo servono a mascherare la nostra prigionia. Kant, d’altra parte, scrisse ragionate fin che volete e su quel che volete ma obbedite. Siamo liberi di scegliere, quindi, purché si faccia la scelta giusta.
Osserviamo il mondo in cui viviamo: caffè senza caffeina, birra senza alcool, sesso virtuale senza sesso. Il processo di virtualizzazione al quale ci stanno lentamente abituando, ci sta inducendo sempre più a percepire la realtà come un’entità virtuale. Come negare che il crollo delle Torri Gemelle non sia stato anche un evento televisivo? Come scrisse Jeremy Bentham: “la realtà è la miglior apparenza di se stessa”. Gli stessi terroristi hanno attaccato le Torri non tanto per il danno materiale che questo avrebbe prodotto quanto per il valore simbolico che esse rappresentavano.
Gli Usa, costretti a reagire, decisero di bombardare l’Afghanistan. Si è quindi assistito al paradosso di un paese già ridotto in macerie, dove la gente sopravviveva a stento, preso di mira dalla maggiore potenza mondiale. Zizek racconta, a questo punto, la barzelletta dell’ubriaco che cerca una chiave smarrita sotto un lampione; quando una guardia gli chiede perché la cerchi lì nonostante l’abbia persa altrove, in una zona più buia, l’ubriaco risponde: “Ma è più facile cercarla qui, alla luce del lampione”. A parte gli aspetti economici della guerra, forse la battaglia al terrorismo serve per rassicurarci che nessuno dei vecchi equilibri (dove gli Usa regnavano sovrani e le altre nazioni erano sue colonie) sia cambiato. In questo modo, si apre l’era di una nuova guerra, non preventiva, ma paranoica: tutti avranno il dovere di individuare i nemici e le loro armi.
Domandarci di continuo come possano i terroristi tenere in così poca considerazione la loro vita è indicativo di quanto noi, ad occidente di Greenwich, siamo incapaci di immaginare una causa pubblica per la quale sacrificare la vita. Viene spontaneo domandarsi perché, nell’opposizione tra democrazia e fondamentalismo, gli Usa facciano affidamento a paesi non democratici- che devono rimanere tali- (per esempio, l’Arabia Saudita e il Kuwait) come alleati...
Ma torniamo al punto: la verità prima o poi bussa alla porta. Ci si può nascondere con la testa sotto la sabbia di burocrati e politici. Perfino sotto la sabbia della religione. Ma la verità ha, dalla sua, la potenza della realtà. Tutti hanno guardato all’11 settembre come un evento epocale. Se invece nessuno si fosse scomposto? Questo giorno del 2001 ha dato agli Usa l’opportunità di prendere coscienza dei loro abusi. Invece, è stato strumentalizzato per dire: basta con il senso di colpa verso il Terzo Mondo, le vittime adesso siamo noi!.
Come porci di fronte a questo attacco? Se ci limitiamo a condannarlo, sosterremo l’ideologia dell’innocenza americana; se ci limiteremo a riflettere sulle cause politico-sociali del fondamentalismo arabo, addosseremo inevitabilmente la colpa agli arabi. Non bisogna scegliere, dice Zizek, tra le due prospettive perché entrambe sono false ed unidirezionali. Hegel, ricordiamolo, scrisse che il male risiede nello sguardo innocente che vede il male tutto intorno a sé.
Il primo nome scelto per questa operazione americana contro il terrorismo fu giustizia infinita. Questo significa che gli Usa sono autorizzati a distruggere non solo i terroristi ma anche chi fornisce loro un qualsiasi tipo di supporto? La guerra, in quest’ottica, non avrà mai fine. E benché Lancan abbia affermato che l’atteggiamento più spontaneo dell’essere umano di fronte a questo tipo di tragedie sia una resistenza all’eccesso di conoscenza è invece necessario tradire il proprio istinto e rendersi conto che la pace americana era garantita dalle catastrofi che accadevano altrove.
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