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FERMIAMO L'ICTUS MEDICINA SENZA FRONTIERE
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Fermare l'ictus, seconda causa di morte tra gli italiani, è l'attuale scopo della SICVE, la Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare. Vediamo come.
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L’ictus rappresenta in Italia la seconda causa di morte e la prima di invalidità permanente; parte la task force della SICVE per gestire al meglio le armi di cui gli Specialisti Italiani in Chirurgia Vascolare dispongono per fronteggiarlo: chirurgia tradizionale e trattamento endovascolare.
Si chiama PEC o Progetto Endovascolare Carotidi ed è la prima azione organizzato della SICVE – Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare - per la formazione ed il perfezionamento degli Specialisti in Chirurgia Vascolare nel trattamento endovascolare delle patologie carotidee. In questi giorni il PEC ha preso il via sotto il tutoraggio dei Centri Nazionali di Chirurgia Vascolare più importanti e ad alta specializzazione, che educheranno i giovani Specialisti nel trattamento endovascolare delle patologie carotidee.
“Il trattamento endovascolare della stenosi carotidea rappresenta un’attraente alternativa alla chirurgia tradizionale, la quale resta il gold-standard nella cura di questa patologia. Infatti le indicazioni all’angioplastica ed allo stentino della carotide, con eventuale impiego di dispositivi per la protezione cerebrale, sono ben codificate e si riferiscono ad una precisa serie di quadri clinici – asserisce Domenico Palombo, Presidente della SICVE, Direttore Unità Operativa di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, Azienda Ospedaliera Universitaria ‘San Martino’, Genova - Proprio per garantire al Chirurgo Vascolare moderno la disponibilità delle competenze tecniche necessarie ad affrontare la patologia carotidea in tutti i suoi aspetti ed ai pazienti la possibilità di una cura adattata al singolo caso clinico, nel rispetto dei dati della letteratura scientifica internazionale, la SICVE, con la collaborazione di una Società fortemente motivata nel campo del trattamento endovascolare come la Johnson&Johnson-Cordis, ha compiuto un passo decisivo organizzando il PEC, corso finalizzato all’ottimizzazione della preparazione del giovane Specialista in materia di trattamento endovascolare della stenosi carotidea, allo scopo di evitarne le temibili conseguenze emboliche o trombotiche, rappresentate dall’ictus.”
Con la chirurgia endovascolare mininvasiva, la ‘placca arterosclerotica’ formatasi all’interno della carotide, viene aggredita dall’interno del vaso sanguigno attraverso l’introduzione nell’arteria di palloncini gonfiabili e di piccole protesi metalliche (i cosiddetti stent), che schiacciano la placca contro la parete dell’arteria realizzando così una dilatazione della stenosi (restringimento della arteria dovuta alla placca).
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Lo stenting carotideo, pur nel rispetto di precise indicazioni cliniche, sta avendo un’enorme espansione nei paesi con sistemi sanitari evoluti. I progressi tecnologici hanno infatti portato alla diffusione di materiali e dispositivi di protezione cerebrale in grado di ridurre notevolmente la frequenza di complicanze peri-operatorie rispetto all’esordio della metodica, soprattutto per quanto riguarda il rischio di embolia cerebrale.
L’intervento con stent elimina l’incisione chirurgica e il rischio di lesione dei nervi cranici, la mininvasività inoltre si riflette in un periodo di degenza più breve, spesso in day hospital, e permette un più rapido recupero del paziente.
Esistono tuttavia ancora alcuni limiti legati all’applicazione degli stent. Spesso, ad esempio, il trattamento endovascolare non risulta praticabile sia per la tortuosità dei vasi sia per la presenza di materiale trombotico al loro interno, o di lesioni delle pareti dei vasi che rendono difficile l’accesso. Un altro problema legato all’utilizzo di stent consiste nella proliferazione di tessuto cellulare all’interno dello stent stesso e quindi l’aumento di rischio di ‘restenosi’ (per questo motivo è in valutazione l’uso di stent medicati o a rilascio di farmaco ‘anti proliferazione’ anche per il trattamento delle lesioni carotidee, essendo stato dimostrato un beneficio a livello coronarico).
Per la scelta del tipo di trattamento, chirurgico tradizionale o endovascolare, lo specialista si deve basare sulla valutazione di una serie di fattori tra cui ad esempio l’anatomia dell’arco aortico (segmento dell’aorta dal quale originano i vasi che nutrono la testa e gli arti superiori), della carotide, le caratteristiche della stenosi e le condizioni generali del paziente.
Solamente studiando accuratamente il singolo “caso” è possibile scegliere la strategia terapeutica migliore, la quale, non necessariamente dovrà essere endovascolare, tranne in quelle circostanze accuratamente selezionate in cui questa metodica potrà essere risolutiva.
L’intervento vascolare tradizionale e l’intervento endovascolare mininvasivo rappresentano due validi strumenti complementari a disposizione del Chirurgo Vascolare, il quale continua ad essere l’unico Specialista che, data la conoscenza approfondita della patologia e delle tecniche sia tradizionali che endovascolari, ha in mano gli strumenti per poter decidere quale sia il trattamento migliore per la patologia arteriosa in base alle evidenze scientifiche ed alla tipologia dei quadri affrontati.
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(20/03/2006)
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