Probabilmente, vi sarà capitato qualche volta, al risveglio, di non sapere bene dove vi trovate. Il ricordo dell'ultimo sogno fatto è ancora estremamente vivido nella mente, e c'è un attimo di sospensione in cui ci si ritrova come al confine tra due mondi: quello onirico e quello della realtà ordinaria.
In certi casi, mi è capitato di avere la netta sensazione di avere la possibilità di scegliere tra continuare il sogno, rimanendo in quella realtà, e "svegliarmi", tornando a quella quotidiana.
Al di là delle possibili spiegazioni e dell'interpretazione psicologica, quello che accade nel momento del risveglio non è molto diverso da ciò che avviene, per esempio, all'inizio e alla fine di un viaggio sciamanico: si abbandona un piano della realtà per passare ad un altro.
Ho avuto in passato più volte occasione, in questa rubrica, di sottolineare come la rappresentazione che la mente costruisce della realtà quotidiana sia ben lontana dall'esprimere qualcosa di oggettivo. Una vecchia storia allegorica racconta di un vecchio saggio che si appisola e sogna di essere una farfalla che a sua volta si addormenta e sogna di essere il vecchio saggio. Qual è la realtà? Qual è il sogno e quale il sognatore?
Non c'è bisogno di ricorrere a sostanze chimiche, spesso dannose, per esplorare piani diversi di coscienza. Il viaggio sciamanico, lo stesso sogno che ogni sera ci attende al termine di una giornata, sono strumenti mediante i quali è possibile allargare le proprie prospettive, le proprie esperienze.
La celebre frase di Shakespeare, che ho preso in prestito come titolo di questo articolo, esprime perfettamente questo concetto di passaggio: morte, sonno, sogno, sono momenti in cui moriamo in una parte della nostra esperienza per fare spazio ad altre.
Al mattino, quando ci svegliamo, muore la realtà del sogno che abbiamo appena concluso (anche se, personalmente, mi è capitato spesso di ritornare, in sogni successivi, ad una realtà già incontrata in precedenza); la sera, quando ci addormentiamo, muore e si interrompe la linearità di quello che abbiamo vissuto nella giornata. Al di là di quello che ci racconta la mente, non siamo affatto certi che il giorno successivo ci sveglieremo.
Quando iniziamo un viaggio sciamanico, muore la percezione della realtà ordinaria nella quale erano immersi fino ad un attimo prima; il viaggio in questa dimensione è destinato a sua volta a morire quando torneremo alla realtà quotidiana. Nello stesso modo, quando l'essere umano muore, termina un viaggio, l'esperienza in una manifestazione della realtà, per iniziarne altre.
Ha poi molto senso stabilire qual è quella più "giusta"?
Si tratta sempre e comunque di rappresentazioni mentali, di percezioni soggettive di un segmento molto limitato della Realtà. Stati ordinari di veglia, sogno, trance non sono che palestre per lo Spirito, per la Coscienza, per fare esperienza. Ed è proprio l'esperienza l'unica cosa che conta, l'unico dato oggettivo che è possibile trarre in ogni istante; non limitarsi passivamente a lasciarsi vivere, ma essere presenti in ogni attimo della propria vita, quale che sia la realtà circostante, è l'unica cosa che ognuno di noi può realmente fare.
Osservando la propria vita da questo punto di vista, questa prospettiva, si ha la possibilità di assaporare realmente il significato più profondo della Libertà: niente e nessuno, nessun potere esterno, nessuna emozione, ha potere su di noi se non glielo consentiamo, se non decidiamo, nel nostro Libero Arbitrio, di considerare come oggettiva quella manifestazione di una realtà passeggera ed effimera.
Nel silenzio del proprio cuore, del proprio spirito, si e intangibili e, tra le altre cose, solo un Cuore libero e presente può realmente a proiettarsi verso l'esterno e sperimentare il significato più profondo della parola Amore.
Per informazioni sui seminari e sulle altre attività dell'Associazione Pachamama, consultare il sito web.tiscali.it/pachamama, scrivere a pachamama@inwind.it o telefonare al 069032785 o al 3387255800.
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