E’ una facile tentazione, per diversi esseri umani, quella di programmarsi la vita, o comunque fette di essa, lasciando pochissimo spazio al cosiddetto “caso”, che personalmente mi piace più definire come l’atto di “salire sul treno del fluido della vita”, così come fa il fiume che ha una direzione, ma non sa cosa incontrerà lungo il percorso…
Qualche giorno fa mi è capitato di vedere in TV alcuni passaggi di un reality show, organizzato in un luogo incantevole dal punto di vista naturalistico.
Sento l’intervista di uno dei partecipanti (ragazzo muscoloso, abbronzantissimo, sguardo seducente…) che esprimeva il suo timore di uscire fuori dall’esperienza, per la possibilità di non essere scelto dalle compagne.
Perché timore? “Perché qui si sta bene”, “non penso a cosa c’è fuori da qui”.
In realtà, ognuno di noi si costruisce un proprio mondo che poi ha difficoltà ad abbandonare o modificare. Nel proprio contesto vive una rappresentazione, indossa dei ruoli, sogna di raggiungere certi obiettivi, si costruisce delle aspettative, inizia delle relazioni o delle attività, che poi magari finiranno. Quindi, ogni individuo si costruisce un proprio film personale, in base alle proprie capacità, alle proprie esperienze, e ai propri modi di pensare e di agire.
Tutto questo, per certi versi, somiglia a ciò che vivono le persone che scelgono di partecipare ad un reality show. La differenza sta nelle motivazioni di base.
Nel quotidiano, si vive o ci si lascia vivere sfuggendo, a volte, da una consapevole presenza a se stessi. Questo avviene, ad esempio, mettendo in atto comportamenti di fuga: evito di incontrare una persona, o di affrontare una situazione, perché mi crea disagio, ansia, paura, rabbia, depressione, ecc..
In un reality show, invece i partecipanti sono consapevoli di vivere un'esperienza che può avere una serie di motivazioni chiare: gioco, bisogno narcisistico, voglia di flirtare, di condividere con altri uno stesso contesto, oppure vivere dentro un sogno ad occhi aperti, per un tempo e con delle emozioni programmate: eccitazione, noia, paura, tristezza, gioia, frustrazione, ecc..
Mi chiedo se, identificandosi col gioco, si perda di vista il contatto con la vita reale, dove i programmi, le aspettative e le emozioni non sono poi così scontate e prevedibili.
Vi siete mai chiesti perché, in questo momento storico, tali show attraggono così tanto, sia come attori che spettatori, attraverso lo schermo televisivo?
La mia sensazione è che, per i telespettatori, la telenovela è stata rimpiazzata da questo genere, perché può dare emozioni più forti: per la mente è più avvincente assistere a vicende “reali” piuttosto che costruite da un regista. Infatti, i protagonisti non sono, in genere, attori professionisti, ma persone “normali”, pagate per “essere vive”, o che, forse, vivono ciò che è vero per loro: gelosie, preoccupazioni, divertimenti, incazzature, ecc..
Questo, a mio avviso, fa parte di quei tanti modi indotti usati dai mass media, che sottilmente portano a far coincidere il mondo delle apparenze col mondo reale, così da indebolire sempre più il senso critico e la relazione tra esperienze ed emozioni.
In vacanza, nei salotti, al ristorante, dal parrucchiere... spesso mi è capitato di sentir fare supposizioni su chi lascerà il reality, commentare ciò che hanno vissuto i personaggi nelle varie giornate di vita programmata, ecc.
Altro modo per evitare di vivere momenti di vacanza, godere di una conversazione, gustare il cibo, vedere i propri capelli mutare sotto le forbici di un acconciatore, magari troppo abile e veloce nel tagliare!
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
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