La Sindrome dell’Intestino Irritabile rappresenta il 41% di tutti i disturbi gastrointestinali di natura funzionale e colpisce il 22% delle donne e il 20% degli uomini.
I sintomi più comuni con cui si manifesta sono: dolore addominale, diffuso o a zone, gonfiore e tensione addominale, alterazioni del transito intestinale con tendenza alla stitichezza o alla diarrea e, in alcuni casi, con l’alternanza di entrambe.
Generalmente quando la persona che avverte questo tipo di dolori è di sesso femminile si rivolge immediatamente ad un ginecologo pensando che i suoi fastidi al basso ventre siano imputabili a problemi di natura ginecologica; in tale sede, tuttavia, non troverà risposte ai suoi problemi e, di conseguenza, dopo aver escluso questo genere di patologie, il più delle volte lascerà che i suoi disagi aumentino senza intervenire.
L’alternativa classica all’iter descritto è rappresentata da una visita di controllo effettuata dal proprio medico di famiglia che molte volte, dopo aver diagnosticato un intestino irritabile consiglia, come cura, una vita lontana da stress e all’insegna di una maggiore tranquillità.
A questo punto, quindi, il paziente, solitamente, inizia a considerare questa sindrome una “non malattia”; decide, pertanto, di imparare a convivere con il problema maturando, però, una sorta di insoddisfazione per una “cura” ritenuta irraggiungibile: la tranquillità.
Accade infatti che, posti di fronte a tali consigli medici, si cerchi di analizzare i fattori scatenanti del proprio stress quotidiano: gli studi o gli esami universitari, gli impegni di lavoro e i rapporti difficili con i colleghi, le ansie e le preoccupazioni per i figli, la famiglia.
E’ pur vero che, solitamente, dopo aver individuato le proprie fonti di stress si cerchi, in un primo tempo, di migliorare la propria alimentazione e di cambiare abitudini di vita aspettando, però, quasi con rassegnazione, che questa abnorme reazione si presenti, puntualmente, ad ogni sollecitazione emotiva, stagionale, climatica o di mutamento delle proprie regole di vita.
Questo comportamento diffuso tra i pazienti scaturisce, fondamentalmente, dal mancato riconoscimento di questa sindrome come patologia invalidante a livello sociale, al pari della già consolidata emicrania; in questo modo, infatti, la persona sofferente, non potendo riconoscere il problema, né riuscendo a condividerlo con altre persone, tenta di sopportare il suo disagio in silenzio, pur assistendo a frequenti cambiamenti di atteggiamento nel rapporto con se stesso (si diventa nervosi, apatici, depressi ed emotivamente instabili) e nel rapporto con gli altri (voglia di star soli, nervosismo, irascibilità).
I rimedi generalmente adottati sono costituiti fondamentalmente da sostanze naturali o da farmaci di tipo sintomatico con assunzione concomitante: medicinali a base di carbone vegetale, antispastici per le crisi addominali più dolorose, fermenti lattici e fibre per la stasi o la peristalsi intestinale che talvolta possono aggravare i problemi.
Il livello medio dei risultati con tali farmaci è, tuttavia, considerato insoddisfacente al punto da spingere i pazienti sofferenti di questa sindrome a pensare, loro malgrado, di non poter risolvere in alcun modo il loro problema e di doverci convivere, sopportandolo. Ma è davvero questa l’unica soluzione possibile?
In realtà oggi la ricerca scientifica semplifica il problema suggerendo una serie di piccoli accorgimenti che, pur senza richiedere eccessivi sforzi, riequilibrano l’organismo e tendono a risolvere radicalmente il disturbo.
In sintesi, dunque, ecco cosa è opportuno fare: in casi di intestino irritabile è innanzitutto utile rafforzare la flora batterica e aiutare l’intestino a muoversi nel modo giusto riducendo, così, l’irritabilità e normalizzando l’attività intestinale in modo dolce ed efficace.
Facile, no?
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