Chi ha visto i film di Matteo Garrone lo sa, che importanza ha la musica nelle sue pellicole. Questa ne è una testimonianza. Fedele compagna del regista romano, la Banda Osiris dedica l’ultimo album alle colonne sonore che hanno accarezzato il suo cinema.
Quarantuno minuti e cinquantanove secondi. Poco, niente, nella nostra giornata. Quattro film, storie che ci hanno cambiato la vita. Oltre al soundtrack di Primo Amore, per il quale la Banda ha vinto l’Orso d’Argento al Festival di Berlino 2004, protagoniste indiscusse di questa raccolta sono anche le composizioni che fanno da sfondo a L’Imbalsamatore, Estate Romana e Ospiti. In più una Cercando l’oro cantata da Pacifico, e una Rossella rivisitata nella versione 2005 dalla voce senza testo di Petra Magoni accompagnata dalla delicatezza di Stefano Bollani. Semplici note o pura poesia?
Risponde la tromba di Enrico Rava, protagonista insieme alla Banda delle atmosfere de L’Imbalsamatore. Valerio, il bufalo, party, jogging e bacio, Peppino torna a Cremona. Frammenti musicali che si mischiano al ricordo di fotogrammi già vissuti, in altri luoghi, in altri mondi. Tromba ed elettronica. Tracce che si susseguono come piccoli capitoli di un testo, dove di scritto però non resta nulla. A malapena l’immagine del pittoresco, oscuro legame tra i tre protagonisti dell’opera più ‘letteraria’ di Garrone.
Anche per Primo Amore succede qualcosa di simile. Due note e nella memoria lei che corre, corre ancora nell’ombra degli alberi, ignara di dove quella corsa la porterà. Poi si gira, e il pezzo finisce. Succede così, puntualmente.
E pure quando subentrassero le parole, la poesia non svanirebbe facilmente. Crecando l’oro, scritta per l’occasione con De Crescenzo è solo una storia in poche righe. Sintesi dell’amore perverso tra l’orafo e la ragazza anoressica dalle ossa di scaglie? Magari solo fotografia della nostra insaziabile voglia di amare male. Pochi metri di pelle che si artiglia alle ossa.
Insomma Berti, Carlone, Carlone jr e Macrì, che firmano tutte le tracce, con l’aiuto del Quartetto Euphoria si sfrenano nel farci sentire così vulnerabili. Archi, pianoforte, trombone, sax, bassotuba e percussioni. E un pizzico di elettronica, che a raccontare il grigiore e la plastica di certe periferie ci sta sempre bene. Questo è il cinema di Matteo Garrone sentito attraverso gli occhi del quartetto di strada (ma oggi anche di televisione).
Forse basta una banda burlona a prendersi gioco di noi, nient’altro che vittime di associazioni audiovisive.
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