Come può occuparsi di grazia un uomo che non ne possiede? Ama dare di sé l'immagine dell'impiegato tutto d'un pezzo, duro per necessità d'investitura, prono all'istituzione di cui porta faticosamente e in solitudine l'intero peso. E' talmente evidente, invece, che il Ministro Castelli sbagli in questa ostinazione di non concedere la grazia al detenuto Adriano Sofri, che è inutile e per di più è un tranello concentrarsi sull'istinto di rabbia e impotenza che attanaglia il lettore delle ultime sue dichiarazioni.
La questione è privata e per questo immediatamente politica, nel senso di pubblica. La questione riguarda tutti i carcerati e la loro condizione. Ripropone urgentemente il problema del senso per cui si priva della libertà chi ha commesso crimini contro la società e quindi contro la libertà degli altri. Se, come dice la Costituzione, il carcere ha il compito e lo scopo preciso di riabilitare il colpevole e riconsegnarlo al mondo civile guarito dal male che lo rendeva pericoloso, come non riconoscere che nel caso-Sofri questa 'redenzione' sia stata del tutto realizzata?
Come ridurre l'opportunità della grazia al raggiungimento degli anni minimi da scontare o al fatto che questa non sia mai stata richiesta dal diretto interessato? E d'altronde perchè dovrebbe chiedere la grazia e quindi il perdono un uomo che continua a professarsi innocente rispetto ai fatti per cui è stato condannato (avendo invece riconosciuto alcuni errori di diverso tipo e di altro respiro)?
O forse anche noi stiamo silenziosamente mettendoci sulle tracce della assurda conclusione per cui il governatore della California Schwarzenegger non ha concesso la grazia e la vita a Tookie Williams visto che continuava a proclamarsi innocente?
Insomma, il paradosso raggiunge i propri limiti proprio in situazioni di estrema delicatezza, avendo a che fare con la vita e la morte delle persone. Sofri, ha dichiarato Castelli, è momentaneamente libero e fuori pericolo; avrà modo di curarsi e non rappresenta ormai un problema di coscienza insuperabile né rischia di diventare un martire. Giura che non sarà lui a prendere una decisione di clemenza nei confronti di un intellettuale condannato dalla giustizia, per non offendere tutti quelli che sono in carcere e non sanno nemmeno mandare un fax o che, ancora, sono malati e non ricevono alcun trattamento di cura adeguato. Come se invece di rendere la situazione migliore per tutti ci si volesse per forza livellare sul basso, sul fondo, sulla vergogna che coinvolge la burocrazia dello Stato.
Quando il Papa fece visita al Parlamento e sollecitò una revisione delle condanne carcerarie chiedendo un atto di clemenza tutti i rappresentanti del popolo elettorale si mostrarono ansiosi di realizzare i desideri del pontefice. Oggi si continua a invocare il disastro in cui versano gli istituti di pena per applicare a chiunque senza eccezioni -perché l'ingiustizia deve essere uguale per tutti- il medesimo trattamento. Che peccato che siano certi volti a doverne giudicare altri! E meno male che Sofri ha tutti gli strumenti, compreso l'uso dell'intelletto e l'esperienza di un dolore vero, per poter guardare il proprio 'giustiziere' con materno amore.
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