Reumatismo eguale vecchiaia? E’ un’equazione che tutti diamo un po’ per scontata. Chi non ha avuto dei nonni che si lamentavano dei dolori reumatici, considerandoli quasi un regalo dell’età, per quanto fastidioso? (Mia nonna, in modo persino affettuoso, li chiamava “dolori romantici”!). Ebbene, questo è proprio l’approccio più sbagliato di affrontare l’argomento.
La superficialità o, peggio ancora, la rassegnazione, infatti, possono essere atteggiamenti molto pericolosi. Ricordiamoci che le malattie reumatiche sono tra le principali cause di invalidità in Italia. Non solo. I reumatismi colpiscono anche i giovani e sottovalutarli può portare a conseguenze drammatiche. Sì, perché la causa delle malattie reumatiche non è dovuta solo all’età.
Ci sono gli attacchi di agenti infettivi, le conseguenze di traumi o di certe reazioni immunitarie difettose che colpiscono le cartilagini delle articolazioni senza chiedere il certificato di nascita. Indipendentemente dalla sua causa, però, il risultato è lo stesso: le articolazioni si deformano e provocano dolore, spesso insopportabile. Con l’aggiunta che, ancora oggi, non esistono cure adeguate, se si escludono i farmaci antidolorifici che, però, in certi casi producono effetti collaterali molto pericolosi. (vedi box 1)
Prevenire si puo’ e si deve
Dietro al termine, un po’ generico e per certi aspetti innocuo, di reumatismo, insomma, si celano alcune malattie come le osteoartrosi (che coinvolgono circa 4 milioni di persone nel nostro Paese) e le artriti reumatoidi (circa mezzo milione) che, per la loro gravità, per le condizioni di disabilità che possono creare e per la diffusione crescente – in relazione all’aumento della durata media della vita – , stanno diventando vere e proprie malattie sociali. (vedi box 2)
La medicina non ha ancora individuato le cause dell’artrosi. Forse, anche perché gli investimenti sull’attività di ricerca in questo ambito non sono mai stati troppo consistenti. E il motivo è che sia l’opinione pubblica che quella medica spesso hanno snobbato il problema e spesso si dedica poca attenzione a una diagnosi precoce del disturbo. (vedi box 3)
Oggi possiamo dire che la malattia nasce da una combinazione di fattori meccanici e molecolari. Si parla a questo proposito di una nuova scienza chiamata meccanobiologia. Ma non molto di più. Di sicuro, però, c’è che ogni volta si è in presenza di un processo infiammatorio che altera la capacità di assorbimento degli urti dei tessuti, provocando instabilità dell’articolazione.
E proprio su questo processo è necessario intervenire, come attività di prevenzione, prima che si autoalimenti. Così anzitutto si riduce il dolore al paziente. Che non è poca cosa. Ma soprattutto si rallenta la perdita di tessuto cartilagineo a lungo termine, preservandolo da conseguenze ben più gravi.
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