Nell’ambito del Primo Convegno dell’Associazione Medici Italiani Anti-aging, tenutosi nel mese di Ottobre a Milano, una parte importante ha occupato l’intervento del Prof. Damiano Galimberti, medico-chirurgo, Specialista in Scienze dell’Alimentazione e Dietetica, nonché Presidente dell’Associazione. Di seguito riportiamo parte dell’intervento.
Galimberti ha trattato il ruolo fondamentale dell’alimentazione nell’ambito del vasto progetto “Anti-aging”, portato avanti dall’A.M.I.A., secondo cui invecchiare bene significa sostanzialmente “vivere in salute nel pieno rispetto del proprio organismo e nella percezione del proprio benessere psico-fisico”.
Partendo dal presupposto che ormai anche “La medicina contemporanea attribuisce un’importanza assoluta all’alimentazione come strumento terapeutico” , come afferma nel suo libro “La dieta comportamentale” (Xenia Tascabili, 2005, Milano), il Prof. Galimberti ci parla della centralità del fattore “dieta” nella propria vita quotidiana al fine di ottenere il massimo risultato dalle proprie caratteristiche genetiche.
Ovvero, agendo in un certo modo sulle proprie abitudini alimentari, è possibile modificare la nostra composizione corporea, mantenendo in forma il proprio organismo, sia fuori che dentro.
Secondo i principi della dieta anti-aging, al classico controllo del peso, presente in qualsiasi dieta dimagrante attraverso la restrizione calorica, è necessario affiancare una ridistribuzione dello stesso, diminuendo la massa grassa a favore della massa muscolare.
In tal modo vengono innescati processi positivi, nonché tipici di un organismo giovane, grazie ai quali si migliora la capacità personale di bruciare calorie con efficienza, inoltre viene ottimizzato il BMI (Body Mass Index) e la produzione, quindi anche i livelli, dei principali ormoni anti-invecchiamento, tra cui l’ormone della crescita (GH), l’IGF-1, l’insulina, il glucagone ed il cortisolo.
Da qui, la necessità di impostare un tipo di alimentazione che sia in grado di proteggere dai danni ossidativi il proprio DNA, mantenere ideali i valori del PH sia a livello intra che extra-cellulare - infatti, è nelle condizioni di invecchiamento precoce che si riscontra un’acidificazione dei fluidi cellulari – e di creare, ottimizzandolo, il rifornimento e la produzione di energia metabolica.
Nella pratica tutto questo si può ottenere attraverso un corretto e bilanciato apporto di macronutrienti e micronutrienti. Questi ultimi, oltre a limitare notevolmente le conseguenze legate all’azione dei radicali liberi, sono indispensabili per il mantenimento dei recettori tessutali dell’insulina (Vedi tabella A), e contribuiscono a limitare il danno al DNA, favorendone la riparazione.
Il medico dietologo che agisce in un contesto di medicina anti-aging tra le sue priorità ha, quindi, anche quella di individuare e bilanciare l’apporto dei micronutrienti, attraverso cui arricchire l’organismo di antiossidanti e di renderlo in grado di proteggersi dalla presenza di metalli pesanti, beneficio indirettamente a carico dello stesso DNA. (Vedi tabella B)
Per quanto riguarda i macronutrienti, questi sono formati dai carboidrati, fonte essenziale di energia, dalle proteine, essenziali per la produzione delle attività enzimatiche e per l’integrità del DNA, e dai lipidi, fondamentali per la stabilità delle membrane cellulari e per le comunicazioni tra cellule.
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Un corretto apporto giornaliero dei tre elementi è dato dal Ratio (40/30/30): glucidi 1.3 a 1 con i protidi; per ogni Kg di peso corporeo assumere da 1 a 2 grammi di proteine; lipidi, assumere una quantità indicativamente pari al 50% dell’apporto proteico giornaliero.
Va però ricordato che i carboidrati ideali devono essere ricchi in fibra, a basso contenuto di amido, a ridotto contenuto in zuccheri semplici e a basso indice glicemico (Vedi tabella C).
Mentre tra le proteine, sono consigliate carni bianche, prodotti della pesca e proteine vegetali per ridurre l’apporto proteico derivato dalle carni rosse. Infine, per quanto riguarda i lipidi è importante soprattutto l’assunzione di acidi grassi insaturi, mantenendo bilanciati i mono e i poliinsaturi, affinché il ratio omega3 e omega-6 sia mantenuto corretto. Infatti, uno sbilanciamento a favore degli acidi grassi omega-6 favorisce l’attivazione dei cattivi eicosanoidi, incrementando quei fattori dell’infiammazione imputati nel processo di invecchiamento dell’organismo.
Fondamentale, inoltre, secondo l’approccio di base dell’A.M.I.A., è spezzettare l’alimentazione in pasti piccoli. Con il passare degli anni, infatti, si ha una riduzione dell’eubiosi intestinale e in tal modo si ottiene anche un miglior assorbimento dei macronutrienti.
Altra abitudine da adottare, anche se in Italia potrebbe sembrare un po’ strana, è quella di fare precedere l’assunzione delle proteine a quella dei carboidrati. In tal modo si massimizza l’azione del glucagone (Vedi tabella D). Ideale, inoltre, è consumare carboidrati nelle prime fasce orarie della giornata, così da evitare un abbondante apporto glucidico a cena.
Alla sera, infatti, è migliore un pasto maggiormente protidico, in particolare a base di protidi di origine vegetale, così da aumentare la produzione di ormoni, quali l’HGH. (Vedi tabella E)
Meglio, infine, bere moderatamente durante i pasti, mentre fuori pasto è consigliabile bere di più, soprattutto al mattino e alla sera. Non ingerendo liquidi durante il pranzo, infatti, si evita un’eccessiva acidificazione dei fluidi intracellulari, causa diretta della riduzione dell’efficienza funzionale cellulare. Per il vino un bicchiere a pasto è più che sufficiente per l’apporto di tannini, catechine e antiossidanti. Ideale se rosso.
Fonte: Dieta e Ivecchiamento: Macronutrienti e Micronutrienti, Dr. Damiano Galimberti, Specialista in Scienza dell’alimentazione a Indirizzo Dietologico, Presidente dell’Associazone Medici Italiani Anti-Aging, I° Convegno Nazionale A.M.I.A. per professionisti dell’Estetica e del Benessere, 24 Ottobre 2005, Hotel Ibis, Milano
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