IL DISEGNO NEGATO. BJORK MUSICISTA E ATTRICE PER BARNEY
Bjork torna con Drawing Restraint, che non è solo il suo nuovo disco, ma anche colonna sonora dell’ ultimo film del marito, Matthew Barney. Come conciliare in modo perfetto lavoro e amore...
di Damiano Cristilli
Ecco il “limite del disegno e del suo controllo”, il salto che non si può che compiere dopo un’opera seminale e sperimentale come Medulla, inevitabile dunque parlare di un viaggio che continua.
E perché non farlo imbarcandosi su di una nave ancorata nel porto di Nagasaki chiamata Nisshin Maru e compiere un viaggio cinematografico in compagnia di un capitano come Matthew Barney?

Una sinuosa e lunghissima (piu’ di due ore) odissea dove le citazioni si perdono in minuziosi e chirurgici scandagli dell’immagine filmica, qui portata ad un altro/alto livello cognitivo, piu’ videoarte che opera cinematografica, piu’ esperimento che prodotto di consumo.
Davanti al Cremaster’s cicle, i cinque film di Barney al momento oggetto di una retrospettiva presso il Guggenheim di New York, quale musicista poco coraggioso avrebbe accettato di produrne la colonna sonora?

Chi può avere piu’ coraggio di una cantante pop (mi si permetta il termine, che qualcuno mi dica come la posso classificare altrimenti..) che produce e dà alle stampe un disco come Medulla?
Lei, Bjork, non solo compagna del regista ma co-protagonista e musicista del film, lei, che dopo l’esperienza devastante con Lars Von Trier, aveva giurato di non recitare mai piu’.

La colonna sonora si apre con Gratitude, dove un emozionante Will Oldhan canta una sorta di filastrocca per bambini, una nenìa perversa accompagnata dall’arpa della fidata Zeena Parkins che entra suadente e accarezza, malata di un tono distratto e illuso che spiazza. E’ una sorta di lettera scritta da Matthew Barney e Bjork al generale MacArthur, con sottofondo della celèste di Jónas Sen e la tastiera suonata da Nico Muhly.

L’andamento è liquido, il suono riflette lo stato sospeso del film e continua con Pearl dove una stimata ma sconosciuta ai piu’, Tanya Tagaq canta in throat singing, giocando con le sovrapposizioni create dall’altra grande sorpresa di questo disco, Mayumi Miyata.
Poteva, d’altronde, la nostra musicista islandese creare una colonna sonora ispirata al Giappone usando “pastiche” etnici e scontati? Mayumi Miyata è considerata forse una delle poche in grado di padroneggiare lo Sho, uno strumento a fiato ad ancia libera composto da 17 canne di bambù di lunghezza diversa che possono emettere suoni di altezza variabile, è in grado di suonare sia espirando (soffiando) che inspirando (inalando): l'alternanza tra espirazione e inspirazione viene sfruttata per ottenere un'emissione quasi continua del suono. Suoni minuti, prolungati, uno strumento che riflette bene l’organizzazione tematica di Drawing Restraint: la relazione tra creatività e resistenza.

Concetto caro ad un altro grande musicista con cui Mayumi collaborò in passato, John Cage, che dedicò a questo strumento un’ intera sinfonia.
Quindi, Hunter Vessel e Vessel Shimenawa sono strumentali costruiti solo con strumenti a fiato che ricordano i suoni prodotti da una nave in partenza, dal ritmo assolutamente cinematografico.
Infine Storm, una nameless del 2003, a mio parere la vetta del disco, dove possiamo ritrovare tutte le ossessioni di Bjork, aiutata alle tastiere da Leila che tesse una spettacolare sequenza di distorsioni elicoidali a cui si avvita la voce, facendola salire e discendere con un andamento simile a quello di una tempesta, magnetica o meteorologica che sia.
Utilizzando suoni che ricordano i segnali morse, interferenze, cortocircuiti elettrici, onde distorte e una Bjork acuta ed estesa che mormora frasi astratte in riverberi laceranti.

Anche in questo disco, non mancano i collaboratori storici: Mark Bell è presente in Ambergis March, ballata elettronica con trilli e campanelli prodotti dal glockenspiel, arpa e beat che creano un’atmosfera da parata. Probabilmente ispirata dal teatro No, Holographic Entrypoint è una litania cantata degli artisti Shiro Nomura e Shonosuke Okura, supportati dal solo battito di una ciotola giapponese.
Senza il supporto delle immagini questo disco regge benissimo la prova dell’ascolto prolungato, immaginifico e forte come sa essere in alcune sue tracce, etereo e delicato in altre…
E’ solo l’inizio del viaggio…


(27/09/2005)