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LA TEORIA DI GAIA - STRUMENTI RAZIONALI PER UNO STUDIO GLOBALE DELLA SOSTENIBILITA'
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Inizia questa settimana, un'affascinante viaggio all’interno della Teoria di Gaia, secondo la quale il nostro pianeta non sarebbe altro che un unico organismo vivente. L’articolo che segue è tratto da un seminario universitario tenuto dal Professor Barbiero. La sua grande abilità divulgativa e la semplicità del linguaggio da lui adottato ci ha permesso di riportare quanto segue, senza dover apportare modifiche sostanziali al testo. Sta per cominciare un viaggio che può cambiare per sempre il vostro modo di vedere il pianeta in cui viviamo e il rapporto con esso.
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di Prof. Giuseppe Barbiero
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L’assunto centrale della Teoria di Gaia è che il pianeta sia un organismo vivente. Un organismo sui generis ovviamente, con proprie regole ed una propria fisiologia. Ed è la fisiologia di Gaia - un organismo grande quanto la superficie del pianeta - che interessa gli studiosi di geofisiologia.
Sappiamo che Gaia è oggi un organismo sofferente perché una delle gilde biochimiche che la abitano - quella che, con assai poca modestia, si autodefinisce sapiens - da qualche tempo è diventata piuttosto invadente.
Un gilda egocentrica che si appropria del 41% della produzione primaria netta. Una gilda irresponsabile che ha messo in piedi un’economia iniqua che riduce la biodiversità. Una gilda irriconoscente che non potrebbe digerire nemmeno una caramella senza il soccorso dei batteri che vivono nell’intestino dei suoi membri.
Una gilda che riduce sempre più i margini di sostenibilità, ma la sostenibilità è un concetto che riguarda noi ovviamente. Perché superati certi limiti - sui quali, allo stato attuale delle informazioni, possiamo solo congetturare - Gaia sicuramente farà giustizia delle nostre pretese e, come è già successo per altre specie, potrebbe anche arrivare al punto di liberarsi di noi.
Non siamo infatti la prima specie che cerca di forzare gli equilibri e di violare le regole e Gaia ha sempre reagito correggendo l’assetto del sistema, spesso trovando nuove e inedite forme di convivenza tra le specie, sacrificando quelle meno adatte. La sfida quindi, per noi, è di conoscere e di conformare a queste regole i nostri programmi di sviluppo sostenibile.
Due parole sulla metafora di Gaia
La Teoria di Gaia è una teoria scientifica che, nella formulazione sintetica proposta dal padre della teoria, James Lovelock, “considera l’evoluzione dei biota e del loro ambiente materiale come un unico processo strettamente accoppiato, dove l’autoregolazione del clima e della chimica dell’atmosfera, dell’oceano e del suolo sono le principali proprietà emergenti”. E’ una teoria alla cui elaborazione hanno contribuito un gran numero di discipline scientifiche e che consente una visione globale della vita sulla Terra. E’ una teoria che rappresenta quindi l’ideale punto di osservazione per studiare i margini di sostenibilità dell’economia umana in relazione alle risorse del pianeta.
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Gaia è ovviamente una metafora che fa leva su un sentimento diffuso e profondo: l’idea che la Terra sia una sorta di grembo per la vita. Gaia infatti è il nome della dea-madre della cosmogonia greca. E’ la Mater Tellus dei romani, la Hel della mitologia norvegese. E’ una dea madre che ad ogni ciclo stagionale si rinnova (è sempre vergine) e conosce i misteri della vita e della morte: è dea della sapienza.
Nel corso dei secoli la dea tende ad articolarsi in figure femminili più differenziate, ciascuna delle quali conserva un attributo della dea originaria. Ecco allora che i greci elaborano il mito di Core-Demetra e quello di Metis, i celti quello di Eire-Fodhla-Banhba ed anche il mondo cristiano assume questa struttura trinitaria della dea incarnandola nella figura storica di Myriam di Nazareth, che nella teologia mistica diventa la Theotòkos, la Vergine-Madre e la Sofia.
L’universalità e l’antichità del mito forse può spiegare perché Gaia susciti tanto interesse nella psicologia analitica di stampo junghiano. Gaia è un archetipo, è la dea descritta da Shinoda Bolen, da Glazebrock, da Pinkola Estes. Gaia, in generale, si presta molto bene alla narrazione e posso raccontare di lei ai miei bambini.
Tutto ciò non piace molto al mondo accademico ortodosso, dove si preferisce coniare nomi più scientifically correct come Geofisiologia o Scienze del Sistema Terra. Tuttavia sono intimamente convinto che una correzione di rotta del nostro modello di sviluppo sarà più facile se le cognizioni scientifiche che andiamo via via acquisendo si assoceranno ad una visione emotivamente coinvolgente della natura.
Provando a coniugare razionalità ed emozione posso così immergermi nello studio dei cicli e delle età di Gaia e contemporaneamente godermi la magnificenza e la gloriosa manifestazione della sua bellezza. Gaia ha il raro potere di trasmettermi una profonda emozione scientifica. Quella che vado a raccontarvi è quindi anche la mia particolare storia d’amore con la dea.
I concetti strutturanti la Teoria di Gaia
Possiamo cominciare la nostra indagine sui concetti strutturanti la Teoria di Gaia con una prima semplice osservazione fatta dal geofisiologo Westbroeck: la vita è una forza geologica. E’ un osservazione talmente fuori discussione che è persino banale ripeterla. Ma talvolta proprio ciò che è più evidente rischia di essere sottovalutato.
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Ad esempio, sappiamo che al 98% l’atmosfera terrestre è costituita da azoto e ossigeno molecolari. Che l’ossigeno sia il prodotto di scarto della fotosintesi lo sanno anche i bambini, ma che l’azoto atmosferico sia in prevalenza il prodotto di scarto di micro-organismi denitrificatori è un po’ meno risaputo.
E ancor meno diffusa è la consapevolezza che l’azione degli organismi denitrificatori è bilanciata dagli organismi azoto-fissatori, che rappresentano una delle chiavi di volta su cui si regge tutta la vita su questo pianeta. Il 95% degli atomi d’azoto incorporati nelle basi azotate del DNA o negli aminoacidi delle proteine di qualsiasi organismo (animali, piante, funghi, ecc.) è stata organicata da un membro di questa gilda biochimica. Meritano un atto di riconoscenza prima di procedere oltre.
Cicli, serbatoi e pozzi
Abbiamo accennato al fatto che gli organismi denitrificatori agiscono in coppia con gli organismi azoto-fissatori costituendo un ciclo chiuso. Allo stesso modo gli organismi respiratori e quelli fotosintetizzatori costituiscono un ciclo chiuso rispetto all’ossigeno. Tutti gli elementi chimici che entrano nella grande giostra della biosfera sono inseriti in cicli chiusi. Il ciclo è il modo di operare di Gaia.
Questo non vuol dire che gli elementi siano tutti contemporaneamente in circolo. Vuol dire solo che sui tempi lunghi di Gaia (eoni) tutti gli elementi fondamentali entrano in gioco, anche se, sulle scale temporali a noi più consone, appaiono parcheggiati in quelli che i geofisiologi chiamano pozzi (dove gli elementi si trovano in forme chimiche stabili non utilizzabili dalla biosfera), ma che al mutare delle circostanze possono trasformarsi in serbatoi, quando una gilda biochimica trova il modo di utilizzare un certo elemento nella forma in cui si trova nel pozzo.
Pozzi e serbatoi funzionano quindi come una sorta di conto corrente bancario, dove si deposita o si preleva alla bisogna. E qui possiamo registrare una prima fondamentale differenza tra gli organismi viventi e Gaia: i primi sono sistemi aperti attraversati da flussi di energia e di materia. Gaia è invece un sistema virtualmente chiuso, che riceve energia (principalmente da Elio, il sole), ma i cui scambi di materia con lo spazio sopra e sotto di lei sono praticamente irrilevanti. Questa differenza obbliga Gaia a riciclare tutto e a favorire l’evoluzione di organismi capaci di andare in questa direzione...
Per ora ci fermiamo qui, ma abbiamo appena cominciato a scalfire la grande complessità e le infinite possibilità di questa teoria. La prossima settimana scopriremo come la comparsa dell’ossigeno sul nostro pianeta abbia provocato un tremendo disastro ecologico...
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(08/01/2008)
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