POESIA COME CRESCITA SPIRITUALE: L'ARTE POETICA DI ARTURO ONOFRI
Il percorso spirituale di un poeta teosofo che si affida alla forza evocativa della parola poetica per cogliere il miracolo della trascendenza.
di Ugo Perugini
Non è molto conosciuto. E questo dispiace a chi ama la letteratura. Ma Arturo Onofri, nato nel 1885 e morto a Roma a soli 43 anni, è uno di quei poeti che ha cercato nella parola il legame profondo, la comunione vera e intima tra intelletto e spirito. Egli, facendo leva sulle parole, che spesso nelle sue mani si trasformavano in neologismi anche azzardati (“transitaliano”), andava, caparbio e generoso, alla ricerca del trascendente, del mistero, del sacro.

Non per nulla, Onofri, oltre al gusto per le opere wagneriane, aveva un grande interesse per l’Antroposofia di Rudolph Steiner. E il fine della sua ricerca poetica è sempre stato quello di arrivare all’illuminazione, alla visione metafisica, attraverso il percorso intuitivo e stimolante dell’invenzione letteraria.
E ciò grazie alla sua spiccata sensibilità che lo portava a esiti impressionistici, in certi casi complessi al punto da sembrare ermetici, ma in realtà ricolmi di significati.

Ci basti, a confermare questa sua abilità, una breve citazione da “Suoni del Gral” nella quale egli innalza un inno vigoroso alla “Parola”: “Tu vivi in te, Parola agita-mondi, noi risonando nel concerto immenso
della tua luce madre.”


Insomma, rileggere oggi Onofri, poeta teosofo, può essere importante, non solo perché l’autore non ha nulla da invidiare ad altri scrittori di ispirazione metafisica, quali Pessoa, Yeats, Rilke, ma soprattutto se sentiamo il bisogno di credere nella possibilità di elevazione della natura umana rispetto alla sua “terrestrità” (il termine è nel titolo di un’altra sua raccolta di poesie), e se vogliamo perseguire il ripudio delle “resistenze nere illuse del volere”, che vogliono l’essere umano “feticcio, irreale e terriccio”.

Le citazioni vengono dalla sua ultima opera pubblicata, quando ancora era in vita, e intitolata, in modo inequivocabile, “Vincere il drago!”.

Per lui, l’uomo è un seme che conficcato nella terra è in grado di far nascere uno splendido fiore. Ma ecco con le sue parole questo momento magico, nel quale avviene il miracolo della trascendenza, colto con termini delicati e partecipi: “L’anima che si spinge verso l’alto del suo celeste fremito immortale,
s’affranca dal suo carcere di smalto,
per aprirsi in un fiore, che trasale
al raggio di una grazia che sola ormai la sazia.”


Onofri, che negli ultimi anni della sua vita aveva lavorato come impiegato presso gli uffici della Croce Rossa, aveva anche fondato la rivista letteraria “Lirica” ed era stato collaboratore di De Robertis alla “Voce”. Le opere complete di Arturo Onofri sono state pubblicate nel 2003 dalla casa editrice “La Finestra” (Lavis, Trento).


(07/09/2005)