Un concerto degli U2, per i loro fans, è sempre un evento a cui prepararsi meticolosamente. Se poi da quel concerto verrà tratto il dvd del tour venduto in tutto il mondo, l’emozione raddoppia. La fatica per accaparrarsi i biglietti, le ore di attesa allo stadio per riuscire ad avere un posto decente vengono appagate.
La luce del sole lentamente si spegne, l’energia diventa palpabile, il giro familiare di una chitarra in sottofondo, una voce che pare venire da lontano, il palco che si illumina in un esplosione di luci e lo stadio si infiamma. Si parte per un viaggio nel cuore di una musica con l’anima, con il petto che batte all’impazzata, il sangue che pulsa nelle vene. Non importa a quanti concerti si sia assistito. Non importa a quanti live della band irlandese si abbia partecipato. Un concerto degli U2 è sempre unico, entra nel cuore, regala emozioni.
Il Vertigo tour è stato un ritorno alle origini, nei suoni e nello spirito. Un ritorno al rock più puro tipico della band irlandese, alle sonorità delle ballate più profonde, alla sensualità della voce di Bono spinta fin dove è possibile. Lasciando da parte, per un momento, la sperimentazione che ha caratterizzato gli ultimi CD, a partire da “Achtung Baby”, mettendo in disparte i falsetti e optando per una voce pura e roca. Lo è stato detto da molti: “How to dismate an atomic bomb” ha segnato per gli U2 un ritorno al passato, ai ritmi di sempre. Ma ha segnato anche un ritorno a un passato proiettato verso il futuro a livello politico e spirituale.
Chi si ricorda l’immagine della registrazione di Martin Luther King sul grande schermo mentre recitava il suo famoso discorso “I have a dream” durante il tour “Ruttle and hum” (quando gli U2 si battevano contro il terrorismo dell’IRA), non può non averlo richiamato alla mente mentre le immagini del Premio Nobel birmano per la Pace Aung Suu Kyi, che recitava sei articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, passavano alle spalle di Bono e compagni, oggi che lottano per l’azzeramento del debito del terzo mondo e contro il terrorismo internazionale.
Gli U2 non si limitano a mischiare politica e rock, ma li fondono insieme e li fanno sembrare inscindibili. Un rock che colpisce al cuore e fa venire le vertigini. Una politica che prende le difese dei più deboli. Ecco allora che parlare della povertà dell’Africa a una festa così intensamente vissuta sembra normale, anzi, un dovere. Così come diventa necessario parlare di tolleranza e di coesistenza tra le religioni, o, ancora, dedicare una canzone ai morti di Londra.
Gli U2 erano davvero in gran forma. The Edge è stato brillante, Bono sembrava aver ritrovato la potenza della voce che da qualche tour un po’ mancava, intonando alla perfezione anche la parte di “Miss Sarajevo” che nell’originale appartiene a Pavarotti; dialogando con il pubblico, infiammandosi con il pubblico, donandosi al pubblico. E commuovendosi insieme al pubblico durante canzoni come “Sometimes you can’t make on your own”, dedicata al padre recentemente scomparso.
Un concerto degli U2 è sempre uno spettacolo unico, lo diventa ancora di più se c’è di mezzo un dvd, se la scaletta sorprende anche i fans di più vecchia data con qualche canzone che di rado viene portata nei live, se il gruppo dà, come nel caso del 20 luglio a San Siro, il meglio di se stesso. Non ci si dimentica di un concerto degli U2. Per tutti i fans i loro concerti sono momenti che toccano e si portano nel cuore, per poter pensare alla musica senza dimenticare a casa la coscienza.
Il concerto si è chiuso come si è aperto, sulle note del singolo portante di “How to dismate an atomic bomb”, “Vertigo”, che dà anche il nome al tour. Dopo due ore e un quarto di emozioni che hanno incluso vecchi brani come “All I want is you” , come i classici “One” e “With or without you” e canzoni più ritmate come “A beautiful day”, per non parlare delle canzoni che hanno sempre distinto la coscienza civile degli U2 come “Pride” e “Sunday Bloody Sunday” . Una sola nota non proprio intonata: molto suggestiva la sorpresa di “Original of the Species” , quando un’orchestra d’archi italiana ha fatto il suo ingresso sul palco per suonare insieme al gruppo, purtroppo però i suoni rock di chitarra, basso e batteria hanno coperto gli archi. Una microfonazione sbagliata, forse. Una versione acustica sarebbe certamente stata più adatta. Peccato. Ma, nonostante questa piccola pecca, la vertigine continua…
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