CELLULARI: NUOVE LIBERTA' O NUOVE DIPENDENZE?
In questi giorni si parla molto di cellulari. Sia per il fatto che gli italiani sono tra i primo al mondo in quanto al loro utilizzo, sia in seguito ai risultati di alcune ricerche. Ma il cellulare comporta nuove libertà o nuove dipendenze?
di Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt

Abbiamo letto più volte sui libri che la tecnologia esprime il grado di progresso e di evoluzione di una civiltà.

La notizia diffusa proprio in questi giorni sui quotidiani secondo la quale in Italia, in base a rilevamenti del Telefono Azzurro, circa la metà dei ragazzi di età compresa tra i 7 e gli 11 anni fanno uso costante del cellulare, mi ha fatto riflettere sul senso del progresso e su quanto esso, a mio avviso, non sia necessariamente connesso ad un processo evolutivo.

Senz’altro la diffusione del cellulare come mezzo di comunicazione a distanza ha eliminato molte barriere (ad es. l’aumento della velocità con cui viaggiano i messaggi verbali), ma ne sta creando molte altre di tipo psicologico, per non parlare delle interferenze magnetiche sul funzionamento del nostro sistema psico-fisico e quindi sulla nostra salute.

Un uso molto frequente del cellulare per un ragazzino, a mio avviso, corrisponde a limitare l’uso di tutte le sue potenzialità percettive.

Infatti, quando si comunica “dal vivo”, oltre al linguaggio verbale, si fa in genere ricorso in maniera naturale anche a messaggi non verbali: visivi, olfattivi, dal timbro vocale (le aree con scarsa ricezione telefonica sfalsano anche questo aspetto), dalla gestualità, dalle sensazioni energetiche che emana un corpo umano, ecc.

Specializzarsi già da piccoli in un tipo prevalente di comunicazione sicuramente impoverisce la ricchezza dei segnali di cui è costituita la comunicazione umana.

Uno dei risultati, a mio avviso poco edificanti, potrebbe essere pian piano arrivare ad essere “da grandi” abili comunicatori di “contenuti”, con scarse capacità intuitive (legate prevalentemente alle dinamiche complesse della comunicazione, il cosiddetto aspetto processuale).

Altra conseguenza riguarda la limitazione delle esperienze legate allo sviluppo dell’autonomia personale.

Infatti, da una parte avere il cellulare vuol dire, molto spesso, diventare “oggetti controllabili” da parte di chi funge da figura autoritaria, dall’altra sapere di poter chiedere aiuto in qualsiasi momento e per qualsiasi evento influenza pericolosamente la capacità dei ragazzi di sapere affrontare problemi e difficoltà legati al vivere quotidiano (es. telefonare al genitore per farsi venire a prendere se si è perso l’autobus, ecc.).


Si sviluppa sempre più l’abitudine a risolvere tutto subito, mentre a volte usare il proprio tempo per trovare soluzioni autonomamente crea una base solida per la fiducia in se stessi e quindi l’autostima.

Invece che dirsi “a chi posso telefonare per risolvere velocemente il problema X”, sarebbe più utile chiedersi ”come posso risolvere il problema X”.

Ho avuto occasione di osservare spesso un’altra conseguenza collaterale dell’abitudine a controllare ed essere controllati attraverso il telefono cellulare: “se spengo o trovo spento” è perché non si vuole essere disturbati.

Ciò, spesso, crea l’idea, in chi cerca di mettersi in contatto telefonicamente, che la persona “irraggiungibile” in realtà stia facendo qualcosa che vuol nascondere. Questa “paranoia” si crea soprattutto quando si è a conoscenza del fatto che l’altro, in quel momento, dovrebbe essere libero da attività lavorative o scolastiche.

A quel punto, il dito usato per la richiamata diventa indolenzito per il troppo uso e si esce fuori dalla propria vita presente per rincorrere paure, ansie e pensieri legati, a volte non consapevolmente, al senso di rifiuto. Inoltre, da parte di chi controlla, ad esempio i genitori nei confronti dei figli, si presenta il rischio di credere profondamente al diritto di essere “onnipresenti” nella vita altrui.

Ormai è stereotipata ed automatica, a chi risponde “pronto”, la domanda “dove sei” da parte di chi telefona, esercitando così un’invadenza nello spazio di un’altra persona, e questa non è certo un diritto. Da questi punti di vista, a mio avviso, il progresso tecnologico sta giustificando, tra le altre cose, un’involuzione in termini di libertà personale, e certo non a caso!

E che dire, inoltre, della recente invenzione del cellulare per cani a forma di osso che useranno, a partire dall’Inghilterra, quei “padroni” che vorranno far sentire la loro voce quando saranno lontani dal proprio animale? Da brivido! Sia perché, secondo il mio parere, si rafforza la condizione di dipendenza reciproca (cane – uomo e uomo – cane) e sia perché rafforza l’egocentrismo dell’essere umano: “io sono indispensabile…. e ho il diritto di dominare su tutto”, indifferente al fatto che così agendo si condanna il cane alla morte, nel caso di abbandono o morte del suo “padrone” .

E, per finire, come commentare la produzione in Cina di cellulari adattati a bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni? Personalmente, a questo punto, mi piace pensare ad una “civiltà” meno progredita tecnologicamente, ma costituita da essere umani consapevoli di dover essere attori protagonisti di ogni istante della propria esistenza per poter vivere invece che vegetare!


Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
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(21/07/2005)