Sono le 21.30. Il sole è appena tramontato. Siamo un po’ in ritardo a causa del traffico romano, ma dovremmo farcela. Stiamo camminando in una via sterrata. Intorno a noi lo scenario è particolare... Siamo ad Ostia Antica.
Nell’antico (la ripetizione è inevitabile) anfiteatro sta per andare in scena Bollito misto con mostarda di Daniele Luttazzi.
Ma lo spettacolo comincia prima della performance del comico “scomunicato” dall’Est. Il percorso che conduce all’anfiteatro è infatti un autentico viaggio nel passato, tra “rovine” intatte e “resti” conservati perfettamente. Forse quelle tra cui stiamo passeggiando sono le vestigia romane meglio conservate in Italia.
L’anfiteatro è di una bellezza sconcertante. Ci sediamo sugli stessi scalini su cui sedettero i nostri progenitori. Di fronte a noi il palco, costellato di colonne romane, che ospita un semplice tavolino su cui poggia un computer portatile. La scenografia è tutta qua e non potrebbe essere altrimenti.
Ma ecco che si spengono le luci. Una voce (quella di Luttazzi ovviamente) annuncia l’ingresso del comico con una serie di battute al vetriolo che non risparmiano nemmeno gli attentati di Londra, tragicamente freschi (sono trascorse appena 36 ore).
Comincia lo show. Le parole si susseguono a raffica, velocissime, incalzanti. Luttazzi, come al suo solito, alterna battute, riflessioni, provocazioni, sesso, politica, denuncia, parole “oscene”.
Luttazzi o lo si ama o lo si odia. Non ha peli sulla lingua. Non ha remore. Non ha limiti. E’ dissacrante all’estremo. E’ di parte. È cattivo. È “incazzato”. “Mi hanno accusato di non fare satira” urla ad un certo punto. “Sostengono che la satira debba deformare e non informare. Io – continua rivolto al suo accusatore- informo e deformo quel che cazzo mi pare”.
Le battute si susseguono, tra le risate di un pubblico soddisfatto e piacevolmente stimolato. Luttazzi ne ha per tutti, da Berlusconi a Bertinotti, dalla chiesa agli organi genitali.
Fa riflettere e molto. Svela ciò che i mass media non ci raccontano. Denuncia retroscena, incalza i potenti.
Lo abbiamo detto, o lo si odia o lo si ama Daniele Luttazzi. Ma una cosa è certa. “Il ragazzo ha talento”. Non si può fare a meno del suo punto di vista provocatorio, delle sue denunce, dei suoi stimoli. Chi non ne condivide le idee, dovrebbe essere pronto ad ascoltarlo per replicare. Ma si preferisce il silenzio. L’assenza di satira. L’assenza di contraddittorio.
Luttazzi è osceno non per il linguaggio usa, ma per quello che dice. È osceno, perché osa profanare il silenzio ottuso e conformista che è sceso su questo paese.
Lo hanno esiliato Luttazzi. Insieme a Beppe Grillo, a Sabina Guzzanti, a Enzo Biagi.
La sua assenza in televisione è una di quelle ferite che ormai da anni brucia sulla dignità degli italiani. E non sembrano esistere prodotti in grado di fermare l’infezione, il cancro, che sta devastando il sistema culturale del nostro paese nel silenzio delle televisioni. Nel silenzio delle nostre coscienze ottenebrate.
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