Quando capita di viaggiare solo con la mente o anche spostandosi realmente nello spazio, quindi con il proprio corpo, spesso si tende ad identificare il viaggio con un mezzo per distrarsi pensando ad altro.
Dal mio punto di vista, invece, il viaggio è un’opportunità per ampliare le proprie prospettive e conoscenze, entrando in contatto con parti diverse dentro e fuori di sé.
Se riflettete sul termine distrazione esso fa pensare immediatamente ad un’azione che sposta la concentrazione da qualcosa di importante a qualcosa di più superficiale.
Ma quale parte della nostra persona si distrae viaggiando, e quale invece viaggia, distraendosi dal vivere nella routine quotidiana?
Attraverso quale aspetto della nostra personalità riusciamo ad esprimerci maggiormente come individui, consci della nostra unicità, svelando a noi stessi e al mondo le nostre potenzialità?
Dal momento che le parole possiedono un’energia che può portare alle azioni concrete molto più rapidamente di quanto si possa immaginare, ritengo sia utile fotografare e mostrarvi, appunto attraverso le parole, una particolare visione del viaggiare.
Viaggiare con la mente a volte può essere un modo ottimale per contattare parti profonde di se stessi. Senza esagerare, trasformando il viaggiare con la mente in elemento patologico, può essere una modalità utile per estraniarsi del tutto da ciò che si sta vivendo nella realtà quotidiana.
Inoltre, questa funzione mette in moto prevalentemente le capacità dell’emisfero destro (intuizione, creatività, ampliamento percettivo, ecc.), che in genere viene utilizzato meno.
Viaggiare, spostandosi col corpo per visitare luoghi, è un’occasione per vivere nuove esperienze e ampliare le proprie conoscenze, stimolando così la crescita personale.
Di solito, tra l’altro, permette di entrare in contatto molto rapidamente con la modalità del vivere il presente in maniera totale.
Ovviamente, non mi riferisco qui ai viaggi in cui tutto è organizzato prima della partenza, comprese quasi le soste per far pipì! Bensì, penso ai viaggi, che, come dice la parola stessa, hanno un obiettivo, che corrisponde a un interesse interiore e, a partire da quello, si vive la quotidianità.
Ad esempio, se l’obiettivo di un viaggio in un altro paese è quello di entrare in contatto con gente di culture differenti, a mio avviso, il modo migliore per soddisfare questo interesse è farsi guidare da ciò che si sente, che quasi si “annusa” non appena si arriva nel luogo voluto. Così, è possibile iniziare a vivere la propria esperienza nel tempo presente, momento per momento. Mentre l’attenersi ad un programma predefinito, ci renderebbe inevitabilmente protagonisti ciechi nei confronti di tutto ciò che non rientra nelle proprie aspettative “mentali”.
Anche le percezioni visive, uditive, ecc. sarebbero capaci, a quel punto, di selezionare in maniera rigida tutto ciò con cui non è stato previsto di venire a contatto.
A mio avviso, uno degli elementi più coinvolgenti e interessanti del viaggiare con lo spirito della scoperta è la facilità di relativizzare e, quindi, di distaccarsi, in seguito all’esperienza vissuta, dalla propria cultura e dai comportamenti dipendenti da essa.
Personalmente, i viaggi che ho avuto la fortuna di intraprendere fino ad oggi sono risultati essere una continua scoperta di me stessa e della possibilità, insita in ogni essere umano, di risvegliare la propria capacità di adattamento, nel senso darwiniano del termine, non solo adattamento ambente, geografico, culturale, ma anche e soprattutto creativo.
Da esempio possono fungere alcune mie esperienze “alimentare” in paesi esteri: in Lituania, spesso, mi è capitato di mangiare aringhe salate e bere vodka per colazione; in Perù bevevo thè di foglie di coca, invece che il classico thè deteinato, per riscaldarmi ed recuperare le giuste energie per affrontare alte quote; nell’ India del sud, per la festa del raccolto, ho mangiato un intero pranzo alla maniera tradizionale, ossia con le mani; nel Dakota ho fumato la pipa sacra dei nativi americani prima di iniziare a cenare, condividendola con tutti i “compagni di tavola”. Potrei citarne molte altre come esempio di esperienze nuove che, pur non facendo parte della cultura italiana da cui provengo, il mio corpo e la mia mente hanno accettato di compiere, essendo guidati dall’obiettivo della scoperta, senza dare ascolto ad eventuali resistenze nello sperimentare ciò che di nuovo m si presentava.
Ritengo che l’esperienza diretta possa diventare il “combustibile” più saggio per il proprio cammino e i propri cambiamenti, quindi auguro a tutti i lettori buona “accensione” alla volta di viaggi interiori e in giro per il mondo!
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
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