ENERGIA EOLICA: VANTAGGI E PERDITE
Pochi giorni fa si è tenuto a Mazara del Vallo un workshop internazionale dal titolo "Sicilia, un continente in decollo: un anno dopo", che faceva il punto sulla situazione economica dell’isola. Fra le proposte, è emersa quella di ampliare gli investimenti nel settore dell’energia eolica, tema molto dibattuto.
di Rachele Malavasi
Il dibattito sulla ricerca di fonti di energia alternativa è quanto mai attuale. Le ultime proposte vertono sull’energia eolica e prevedono l’installazione sul territorio italiano di un maggior numero di aerogeneratori, le turbine, alte quanto un palazzo di cinque piani, per la produzione dell’energia proveniente dal vento.
Recentemente è stato inaugurato in Sicilia il 2° Parco Eolico (nome forse eccessivamente leggiadro) più grande d’Italia, comprendente i comuni di Partinico, Monreale e Camporeale. Le sue 43 pale produrranno 100 milioni di chilowattora l’anno, con un risparmio di 30 milioni di litri di petrolio.

Numeri, a sentirli in questi termini, piuttosto importanti, ma per non lasciarsi ingannare dall’ignoranza, conviene analizzare la questione nel dettaglio.
Secondo uno studio dell’Enea e dell’Autorità per l’Energia ed il Gas, alla fine del 2004 risultavano installati in Italia circa 1800 aerogeneratori, pari a circa 2,8 miliardi di KWh/anno, 1 miliardo di litri di petrolio risparmiati. Eppure, è evidente dal caro petrolio che questo risparmio non diminuisce la stretta dipendenza dell’Italia dall’oro nero.
Infatti, visto che l’Italia è un paese più di Sole che di vento, il totale annuale di ore “economicamente valide” per la produzione di energia eolica (ore in cui il vento soffia ad una velocità superiore a 5,7 m/s) è solo di circa 2200 su un totale di 8760. Queste ore forniscono solo lo 0,2% dell’energia necessaria al paese tra carburanti, energia elettrica, etc.
Entro il 2010, l’Italia ha l’obiettivo di installare ben 5-7000 torri che, considerando i precedenti criteri di funzionalità, produrranno 11miliardi di KWh, pari all’1,2% del totale dell’energia richiesta. Visto che l’obiettivo dello Stato è di far produrre all’eolico circa il 25% dell’energia, quante pale vedremo sorgere sulle nostre colline? Con una stima ottimistica, il calcolo risulta di circa 100.000 torri.

Risultano peraltro compromessi soprattutto i paesaggi del Meridione, isole comprese, da sempre meta di turisti provenienti da tutto il mondo e che quindi dovrebbero piuttosto puntare al mantenimento del territorio. Il comune di Ragusa, ad esempio, ha rifiutato di installare una centrale da 25 turbine, mentre Emanuele Sanna, presidente del Comitato sardo per il paesaggio, afferma che “La Sardegna sta diventando la cavia dell’eolico selvaggio. Oltre al danno estetico” continua Sanna “le turbine scendono fino a quattro metri di profondità e distruggono le falde acquifere”.

Tanto per non dare spago a chi afferma che gli italiani si lamentano sempre, in Spagna le turbine hanno fatto strage di Aquile reali.
Lo sfruttamento del Meridione continua, eppure, sempre dallo studio dell’Enea, risulta che la maggior quota di “buon vento” è reperibile sui monti del Nord Italia, i cui paesaggi sono fortunatamente protetti dalla legge Galasso. Seppure poi si volesse aggirare la legge (ma giustamente non si vuole), questi siti risulterebbero decisamente impervi per la costruzione degli impianti, facendo salire alle stelle il prezzo di produzione. Quindi si ripiega al sud, meno ventoso ma più “libero” in termini di legge.


Il prezzo di produzione di una turbina da 1300 KWh, il “formato” più conveniente in termini qualità/prezzo, arrivava, fino a poco tempo fa, ad oltre 1 milione di euro. Attualmente il prezzo si è ridotto grazie agli incentivi della Comunità Europea, i quali tuttavia non soddisfano lo stato italiano, che, come gli altri paesi del mediterraneo, si vede sopraffatto da una Comunità che conta soprattutto paesi nordici, molto ventosi (6500 “ore buone” l’anno) e che quindi godono a pieno delle scelte comunitarie. Incentivi alla produzione dell’energia solare, invece, se ne vedono ben pochi.
Tuttavia, secondo Unicom il prezzo di un generatore viene ammortizzato nell’arco di due o tre mesi di produzione, ed il resto va tutto in risparmio. Eppure, le turbine sono davvero molto esigenti in termini di vento: al di sotto dei 3m/s ed al di sopra dei 25, infatti, non producono assolutamente nulla.

Secondo uno studio del CNR e dell’Università La Sapienza, l’Italia può sostenere senza gravi impatti ambientali l’installazione di turbine per una produzione che coprirebbe il 3,6% dell’energia annuale richiesta dalla nazione. Questa copertura porterebbe ad una diminuzione del 6% dell’emissione di CO2 nell’atmosfera, un buon traguardo, ma bisogna considerare che solo la previsione per il 2010, come abbiamo già detto, è di arrivare a coprire l’1,2% dell’energia totale. Quanto tempo ci vorrebbe per arrivare al 3,6%, e soprattutto quanto spazio, considerando che si possono sfruttare, con molte perdite in ambito paesaggistico, solo le zone meno fruttuose?

Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, spiega che l’associazione si schiera a favore di un eolico “ambientalmente compatibile”. Ma cosa vuol dire in termini pratici questa affermazione, se abbiamo dimostrato che avere un eolico compatibile con l’ambiente non porta a guadagni comparabili alle perdite?

Il dibattito in corso è molto complesso, perchè è difficile mettere sulla bilancia i guadagni e le perdite. Certamente la scelta di una fonte alternativa come il vento è molto valida e ci auguriamo che possa svilupparsi nel miglior modo possibile. Questo non significa però che, per portarsi al pari con gli altri paesi in termini di produzione eolica, l’Italia debba deturpare il suo magnifico paesaggio. Ogni paese deve considerare le proprie potenzialità anche in base alla morfologia del terreno.


(23/06/2005)