PRIMATI: COSì VICINI, COSì LONTANI. NONNI A RISCHIO...
Amati da grandi e bambini, protagonisti indiscussi di film, come in King Kong, o co-protagonisti come in Tartan, studiati da grandi scienziate come Jane Goodall o Diane Fossey, i primati sono oggi uno dei gruppi più a rischio.
di Rachele Malavasi
Sono i nostri parenti più stretti, eppure sono sull’orlo dell’estinzione. Sembra un paradosso, ma è così: minacciati dalla deforestazione, dal commercio di contrabbando, dalla caccia.
Alcune popolazioni dei paesi in via di sviluppo cacciano da sempre i primati per cibarsene, ma ora che il numero delle loro popolazioni è sceso sotto la soglia di sicurezza, anche questi prelievi, una volta in equilibrio con l’ambiente, stanno diventando pericolosi.

I conservazionisti si rendono conto che la gente deve mangiare, ma stanno cercando di orientare le loro scelte verso altri tipi di animali, premendo sempre più sul tasto del turismo per mantenere vivi i primati, cosa che in effetti potrebbe portare guadagni considerevoli.

Ma è la deforestazione, come purtroppo si sente dire sempre più spesso, la spada più affilata che pende sulla testa dei nostri progenitori.
Qual è la situazione nello specifico? Come stanno ad oggi le specie più note di primati?

Gorilla: esistono probabilmente meno di 100.000 gorilla in tutto il mondo, di cui i più minacciati sono i Gorilla di Montagna delle foreste africane. Studiati e protetti a costo della vita dalla scienziata Diane Fossey, ne restano ormai solo 670 esemplari circa, localizzati dalle parti dell’Uganda. La guerra civile nel vicino Rwanda ha fatto precipitare la situazione, perché laddove ci sono tumulti di tale entità, è impossibile per i conservazionisti continuare il loro lavoro, e la gente disperata non si fa scrupoli pur di mangiare qualcosa.

Scimpanzè e Bonobo: una volta diffusi in tutta l’Africa centro-occidentale, restano ormai meno di 150.000 scimpanzè, i pupilli Jane Goodall. La foresta di Gombe, infatti, è stata ridotta ad un fazzoletto a causa della deforestazione con la tecnica dello slash-and-burn (taglia e incendia), perpetrata da secoli dalle popolazioni locali per ritagliarsi fette di terra da coltivare.
I Bonobo, primati in grado di camminare sulle zampe posteriori proprio come noi, sono addirittura soltanto 15.000 al massimo. La guerra in corso lungo la Repubblica Democratica del Congo attraversa proprio la loro foresta, per cui non solo periscono per distruzione dell’habitat, ma spesso vengono scambiati per esseri umani e uccisi come fossero nemici.

Oranghi: gli Oranghi sono gli unici grandi primati che vivono fuori dall’Africa. Ne esistono solo due specie, di cui quella dell’isola di Sumatra è fortemente minacciata. Hanno bisogno di molto spazio per sopravvivere ed i confini dei parchi nazionali ad essi dedicati sono troppo spesso violati.
Oltretutto, il disastroso incendio nel Borneo del 1997 ha devastato numerose popolazioni di Orango.
Si calcola che vengano persi circa 1000 esemplari ogni anno, per cui entro due decadi gli Oranghi non esisteranno più. Tuttavia, nel 2002 è stata scoperta una nuova popolazione nel Borneo, che riapre le speranze per la specie.


Gibboni: i Gibboni sono primati che vivono nel sud-est Asia, dalle braccia lunghissime, frugivori e difficilmente avvistabili a terra, visto che passano la maggior parte della vita sugli alberi. Quindi, sono ovvie le considerazioni riguardanti il pericolo che la deforestazione rappresenta per questi animali, a cui si aggiunge il traffico di parti del corpo utilizzati nella medicina tradizionale.
Il più a rischio è il Gibbone di Giava, di cui restano sono 2000 esemplari.

Molti di questi primati, inoltre, sono minacciati dalla diffusione del virus dell’Ebola.
Questa è solo una piccola carrellata della drammatica situazione dei più noti primati del mondo. Si tratta effettivamente di un quadro difficile da digerire, ma nessuno ci chiede di farlo: il nostro intento non è quello di invitare la gente a “guardare e piangere”, ma di spingerla a “conoscere e agire”.

Quindi cosa possiamo fare noi per salvare queste meravigliose creature? Innanzitutto leggere articoli, notizie, libri e quanto più ci aggrada, perché più si conosce, più è facile proporre nuove soluzioni. Poi viaggiare: il turismo è essenziale, come abbiamo più volte sottolineato, per dare ai paesi in via di sviluppo un’alternativa economica alla vendita del legno delle foreste.

Ovviamente, deve essere un turismo eco-sostenibile: quindi cercate delle valide associazioni che organizzino viaggi alla scoperta della natura senza danneggiarla. E in assenza di soldi, datevi al volontariato, per cui spenderete poco più del costo del biglietto aereo.

Evitate di comprare prodotti derivati dalle foreste tropicali, e soprattutto scegliete il legno FSC (Forestry Stewardship Council), una scelta fondamentale verso la salvaguardia di questi preziosi habitat.

Aprite cuore e portafoglio, se ne avete la possibilità, e sostenete a distanza i progetti di conservazione. Spesso, salvare le specie in via di estinzione e la vita e la cultura delle popolazioni native sono un tutt’uno. Esistono diverse associazioni che lottano per far sì che i nativi riconquistino i loro diritti e gli venga riconosciuta la proprietà della terra dei loro padri. Aiutare questa gente acquisisce quindi una doppia rilevanza: per le persone e per gli habitat delle specie animali in via di estinzione.

Ogni piccolo gesto è essenziale per salvare la biodiversità. Conoscere questi fatti terribili non serve per perdere la speranza, ma per darla a chi ne ha bisogno.


(16/06/2005)