Recentemente in Italia, pare stia prendendo forza, soprattutto in ambienti di stampo cattolico, e sulle orme di un certo mondo accademico statunitense, l’opinione di considerare l’omosessualità come una malattia da combattere (neanche “curare”), a prescindere dal vissuto dell’individuo che in prima persona si trova in questa condizione esistenziale.
Dal punto di vista psicoterapeutico l’omosessualità diventa un disagio, quindi un problema sul quale intervenire, quando non è accettata dalla persona che la vive, ovvero quando si vive una crisi di identità sessuale che non trova soluzione.
In questo caso, infatti, per rispondere alla richiesta di aiuto, diventa importante capire la natura del disagio: se si tratta di un problema legato alla personalità o familiare, se riferito al solo aspetto sessuale o all'insieme del contesto sociale.
Nel caso in cui, invece, l’individuo vive tale condizione accettandola pienamente, cade il presupposto di “problema”, per cui si necessita di aiuto.
In sostanza, come accade per altri tipi di vissuti, l’aspetto rilevante è relativo a come ogni persona affronta la propria vita e i propri disagi.
Da questo punto di vista trovo assurdo che si assista ad un etichettamento sociale così forte in relazione all’omosessualità: “non sei socialmente accettato, quindi sei da curare, da cambiare”.
Personalmente e come psicoterapeuta ho diverse occasioni di interagire col mondo omosessuale e lo considero arricchente. A volte l’omosessualità maschile mi ha portato a riflettere su certe modalità prevalentemente femminili, quali la dolcezza, la sensibilità, la cura del corpo anche nei suoi aspetti estetici o la cura dei particolari in cucina.
Di contro, l’omosessualità femminile spesso mi ha affascinato per il modo intraprendente in cui i soggetti in questione sanno giocare, ad esempio, con la seduzione.
Non voglio fare un elenco di caratteristiche, per evitare di creare definizioni di personalità aprioristiche. Voglio esprimere, però, il piacere che si può assaporare nell’arricchire le proprie visioni del mondo e delle relazioni, aprendosi ad altri punti di vista diversi dai nostri.
Il mondo è veramente vario, e si dà il caso che gli esseri umani, tutti gli esseri umani, ne facciano parte!
Tornando all’omosessualità non resta che sorridere di fronte ai consigli di “terapeuti della psiche”, riportati da un quotidiano poco tempo fa, che proponevano l’uso della preghiera per cambiare modalità di essere, o di colleghi statunitensi che, come antidoto all’omosessualità, propongono l’uso di “tecniche di educazione”, per far sperimentare approcci relazionali congruenti al proprio sesso biologico (ad es. insegnare all’uomo come sedurre una donna).
Questo atteggiamento sembra essere molto vicino a quello di molte religioni che preferiscono combattere tentazioni definite a priori “peccaminose per legge divina”, invece che rivolgere attenzione e dare aiuto agli individui che vivono con sofferenza la loro condizione di identità sessuale.
Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800
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