BONDING: LA RABBIA CHE FA BENE
L'articolo che segue è la risposta ad una richiesta di approfondimeno della tematica affrontata nell'articolo Psicoterapia e Bonding (vedi link), rivolta da un lettore di Terranauta alla Dott.ssa Maria Rosa Greco.
di Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e Psicoterapeuta della Gestalt

"Gentile Dottoressa, non molto tempo fa, nel suo articolo su Terranauta del 13 aprile scorso, ha parlato della tecnica del bonding. Mi può dare altre notizie sull’argomento?"

Ho descritto questa tecnica inserendola tra i vari approcci di aiuto che utilizzo, anche se non sono esplicitamente di provenienza gestaltica, la specializzazione in psicoterapia che ho scelto di intraprendere anni fa.

Come ho scritto nello scorso articolo, il termine bonding indica un’esperienza di legame. E’ una tecnica in cui viene utilizzato il sostegno di qualcuno o qualcosa di esterno per facilitare l’espressione delle emozioni di rabbia e dolore.

Uso la tecnica del bonding in psicoterapia a volte fungendo io stessa da sostegno per il cliente, quando le sue condizioni psicologiche sono in grado di vivere l’esperienza del contatto diretto, corpo a corpo, col terapeuta; altre volte faccio usare un cuscino da tenere stretto come in un abbraccio.
Se invece si usa questa tecnica al di là del contesto psicoterapeutico si può ricorrere all’abbraccio con un albero.

E’ un efficace strumento per liberare le emozioni di rabbia e dolore senza l’intervento della parte mentale. Anzi, dopo il primo impatto a volte difficile ed impacciato perché è molto radicato in noi il condizionamento di venire giudicati in ogni istante, si può sperimentare la facilità nell’emettere un suono col solo intento di fare uscire rabbia, ma senza decidere a priori il motivo della stessa o dare spazio a pensieri legati ad essa (sono arrabbiato perché…, sono arrabbiato poco o troppo, non riesco ad esprimere rabbia perché…, oppure ci riesco troppo facilmente perché…, ecc.).
Mi capita di proporre questa tecnica quando sento che in un determinato momento della terapia è necessario facilitare un cambiamento nella persona attraverso un’esperienza diretta durante la seduta psicoterapeutica.

Spesso, infatti, si vivono dei cambiamenti interiori quando si consapevolizzano delle emozioni che magari si pensava di non avere, e ancor più quando ci si permette di esprimerle.
D’altra parte, la bioenergetica ci insegna che emozioni “spiacevoli” trattenute, quindi non espresse, creano dei veri e propri blocchi energetici nel corpo che minano la fluidità e spontaneità della capacità di sentire, percepire, e creano a volte anche problemi posturali o vere e proprie malattie del corpo.

Spesso l’uso della voce in un breve lasso di tempo, come può essere l’invito ad urlare per qualche minuto, fino a quando si capisce che la persona si sente svuotata di quella emozione, in realtà elimina solo un piccolo tappo di emozione trattenuta.
Con l’uso del bonding, che ha una durata sufficientemente ampia, la persona stessa, a posteriori, consapevolizza come in realtà non si raggiunge mai una fine, ovvero l’espressione totale dell’emozione.

Un presupposto operativo del bonding è che nell’individuo esistono strati sovrapposti di emozioni: uno strato di rabbia ne copre uno di dolore, sotto il quale c’è uno stato di quiete. Sotto di esso si trova un altro strato di rabbia e così via.
Il bonding lavora proprio attraversando e pulendo tutte queste stratificazioni emozionali.


Ossia, dopo un certo tempo di espressione della rabbia attraverso un suono o una parola (da quest’ultimo aspetto, ad es. il bonding si distingue dal “primal” o tecnica dell’urlo primordiale), si trova inevitabilmente, quindi senza cercarla, un’emozione di dolore: questo significa che è stato pulito un primo strato di rabbia. Dopo il dolore si vive sempre uno stato di vuoto e quiete assoluta. Quella è la condizione in cui, in genere, anche i clienti mi dicono di vivere la condizione dell’assoluto tempo presente, con mente sgombera da qualsiasi pensiero e quindi una condizione di benessere e godimento senza interferenze.

Al fine di raggiungere questa condizione, che con la pratica si può di volta in volta prolungare, il bonding viene anche usato come tecnica di meditazione e di contatto intenso con la propria spiritualità.
In psicoterapia, ovviamente, l’obiettivo primario non è raggiungere uno stato di meditazione, ma liberarsi dalla rabbia accumulata. Ciò non toglie che è molto piacevole e può essere molto intenso lo stato di quiete che si può vivere in una certa fase del bonding.

Dopo quest’ultima fase, quando la parte razionale della persona pensa di avere esaurito e, quindi, guarito tutta la rabbia che aveva dentro, in maniera naturale, solo respirando con un certo ritmo e mantenendo la gola bene aperta per favorire l’uscita dei suoni, si ricomincia un’altra volta. Si esprime altra rabbia e dopo questa altro dolore e, quindi, si arriva ad un altro stato di quiete.
Spesso spiegando questa tecnica, si usa dire che la persona scopre di essere come un pozzo senza fondo, per cui il metodo più viene utilizzato più si arriva in profondità, negli strati emozionali più vecchi.

Un altro aspetto da considerare è che il bonding si può praticare anche in gruppo, ma suddivisi in coppie. In questa modalità ci si rende conto che gli altri esseri umani sono solo lo sfondo di un’esperienza, in cui al centro vi sono le proprie emozioni e il sostegno fisico che si riceve dal compagno di esperienza mentre si lavora su se stessi.

Questa, ad esempio, è la modalità con cui il bonding viene utilizzato all’interno della One Experience, un’esperienza concentrata di crescita e trasformazione personale in cui si usano svariati strumenti di consapevolezza, e grazie alla quale io ho sperimentato personalmente e poi ho approfondito la tecnica del bonding, all’interno del mio percorso di ricerca di differenti strumenti di cura e cambiamento psicofisico e relazionale.


Dott.ssa Maria Rosa Greco
Psicologo clinico e psicoterapeuta della Gestalt
e-mail: greco.mariarosa@libero.it
tel. 338/7255800



(08/08/2006)